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Lavoriamo sodo per tornare ad essere una grande famiglia

di Matteo Marrello

“Vogliamo che chi indossa la maglia azzurra sia parte di una famiglia”. Sono le parole che il c.t. Pianigiani ha pronunciato in occasione del Media Day della Nazionale prima della partenza verso Flogaria. Intento splendido e lodevole ma per far si che ciò accada serve un lungo e duro lavoro di contorno ancora prima di vestire la maglia azzurra. Serve maggiore armonia intorno alla pallacanestro o basket che dir si voglia. Decisioni chiare e durature prese nell'interesse comune e non per favorire il singolo. Servono campionati avvincenti che diano stimoli ai protagonisti vogliosi di ben figurare e provare a guadagnarsi  con il sudore un onore che può aprire le porte di un sogno. Per quanti oggi vestire la maglia azzurra rappresenta un onore? Difficile dare una risposta. A complicare le cose è arrivata anche la scarsa concorrenza interna con il risultato che si convoca quello che offre la casa, perché la scelta non è cosi vasta. Nel limbo tra politica ed  economia tra dibattiti e minacce di sanzioni,  nazionalità, passaporti, multe e chi più ne ha più ne metta, il basket giocato finisce per essere stritolato in una morsa da cui diventa difficile liberarsi. A rimetterci non è solo chi investe, ma anche  o spettacolo, ovvero chi guarda dagli spalti o da casa. La famiglia deve essere composta anche da chi guarda perché un basket italiano che ogni anno perde club importanti non può permettersi il lusso di perdere spettatori. Tanti gli errori di tanti, l'importante è però saperli riconoscere e cercare di non ricadervi. Basta messaggi di botta e risposta tra Lega e Federazione, basta per favore farci scrivere di fallimenti e possibili ripescaggi ogni benedetta estete. Più trasparenza e più controlli per non trovarci tutte le volte a scrivere di scudetti reclamati e/o promozioni mancate sul campo ma poi praticamente prenotate per disgrazie altrui. Basket si, se si può e laddove non si può va diffuso attraverso eventi locali o a livello nazionale attraverso i media, possibilmente accessibile a tutti, anche economicamente parlando in caso di progetti pay per view. Certamente sarebbe una pazzia dire o pretendere che il basket in Italia  abbia lo stesso appeal del calcio, ma sarebbe bello che il basket andasse incontro  alla gente senza doversi far desiderare o ricercare in chissà quale angolo di giornale, tv o del web. Tutto questo si può e si deve fare per tutti noi. Per il nostro amato sport per smetterla di fare degli autogoal clamorosi di anno in anno. Per tornare ad essere una famiglia,  e per non esserlo solo quando si vince. La vittoria va costruita insieme: ambiente,  persone, coraggio, idee ed ascolto. In attesi di giocarci a livello di Nazionale la qualificazione ai Campionati Europei del prossimo anno con Grecia e Russia, abbiamo nel frattempo celebrato la il primo trionfo di un italiano nella NBA. Marco Belinelli ha dato prova di nervi saldi, di eterna voglia di mettersi in gioco, ma soprattutto ha dato prova del fatto che prima o poi il sudore della fronte viene sempre ricompensato se tutto l'ambiente gira a dovere. La famiglia   Spurs ha lavorato sodo per arrivare al massimo risultato. La famiglia Italia dovrà lavorare altrettanto sodo per arrivare pronta agli appuntamenti che contano. Senza distinzioni tra NBA e resto della truppa ma solo con guerrieri pronti a dare battaglia a chi li seguirà dagli spalti e da casa. I panni sporchi si sa, si lavano in casa, la grande famglia del basket italiano ne ha lavati tanti in questi anni. Sarebbe arrivato il momento di stendere questi panni ad asciugare, ma per poterlo fare c'è bisogno di qualche raggio di sole. L'ultimo ce lo hanno regalato gli azzurri di Recalcati ai giochi olimpici di Atene dieci anni or sono. Un sole che forse abbiamo preso tutti troppo in fretta scottandoci la pelle. Il 3 Luglio la FIP ci ha ricordato l'ultimo trionfo europeo degli azzurri. Bogdan  Tanjevic in panchina e tanti campioni sul parquet vogliosi di ridare lustro in campo internazionale ad un movimento che aspettava da 16 anni.  Da Nantes 1983 a Parigi 1999. Non si sa ancora in quale sede si giocheranno i prossimi campionato Europei, quel che è certo però è che l'anno prossimo saranno trascorsi 16 anni dall'ultimo oro. È tempo di lavorare sodo tutti insieme, ognuno nel suo piccolo, per poter aggiungere un'altra foto gloriosa all'album di famiglia.  


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