Dusko Ivanović ha segnato la via per la Virtus Bologna

Ci sono voluti quattro mesi. Quattro mesi di fatica, di dubbi, di sconfitte brucianti e sguardi spenti. Quattro mesi dal suo arrivo in panchina l’8 dicembre, quando Dusko Ivanović ha preso in mano la Virtus Bologna nel mezzo di una stagione in salita, cercando di ridare ordine al caos e anima a una squadra che sembrava essersi smarrita.
Non è stato facile. L’Eurolega non aspetta nessuno, il calendario è un martello che non fa sconti, e la Virtus faticava: a trovare ritmo, motivazione, equilibrio. Il punto più basso? Forse quella sconfitta senza appello contro la Stella Rossa più che quella contro Alba Berlino in casa. Ma proprio nel momento più buio, qualcosa ha iniziato a cambiare. La gara di ritorno con l’Alba Berlino è stata lo spartiacque. Un match vinto con autorità, sì, ma più di tutto hanno colpito le parole di Ivanović a fine partita: parole semplici, dirette, che sembravano scolpite nel granito.
“Nel basket non ci sono segreti. È un gioco semplice. La differenza sta nel volerlo oppure no. La difesa è tutto, parte tutto da lì.”
In quelle frasi, in quella dichiarazione quasi brutale nella sua sincerità, si è intravista la nuova identità della Virtus. Una squadra che ha iniziato a specchiarsi nella durezza e nella visione del suo allenatore, che ha iniziato a credere davvero in quel progetto che, solo due mesi prima, sembrava un sogno lontano.
“Credo in questa squadra”, aveva detto Ivanović dopo l’eliminazione ai quarti di Coppa Italia contro Olimpia Milano. E ora, pezzo dopo pezzo, quelle parole stanno trovando spazio nella testa – e nel cuore – dei suoi giocatori.
La Virtus è cambiata. È diventata aggressiva, feroce. Pressa alto, anticipa, ruba palloni, si chiude a riccio nella propria area come una testuggine pronta al contrattacco. Ogni rimbalzo è una lotta, ogni palla vagante una questione di principio. Non si scappa più in attacco finché la palla non è stata riconquistata. È un mantra, un credo.
E quando la difesa tiene, quando c’è una stoppata, un recupero, un tagliafuori perfetto, il tifo esplode. L’applauso per un contropiede ben eseguito parte prima ancora che il pallone tocchi il ferro. E sì, ci sono ancora errori: palle perse, tiri sbagliati, attacchi poco lucidi, partenze un po' soft. Ma sopra tutto questo c’è una certezza: si può anche giocare male, ma non si può mai smettere di difendere.
È questa la nuova legge non scritta della Virtus. Con tutti i suoi limiti – una stagione Eurolega da dimenticare, giocatori che sembrano alla fine di un ciclo, qualche acciacco di troppo – oggi ha un’identità chiara. E un obiettivo: arrivare ai playoff con la voglia di cambiare la storia recente, che ha visto tre anni di delusioni.
Ora mancano quattro partite alla fine della stagione regolare. Poi, sarà tempo di playoff. Forse incroceranno l’Olimpia Milano prima del previsto, forse no. Ma a quel punto conterà solo una cosa: il coraggio. L’abnegazione. L’anima.
Perché con Ivanović, lo si è capito, si vince solo così: un possesso alla volta. Con i denti, con il sudore, con la difesa. Sempre, prima di tutto, la difesa.