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Lo scudetto della Virtus Bologna, il campo silenzia sempre i proclami

di Davide Trebbi

La storia è stata scritta. La Virtus Bologna vince il suo sedicesimo scudetto dopo vent’anni. Un successo insperato nel suo epilogo, sorprendente non tanto per la vittoria in sé ma per come é avvenuta. Dominata in lungo e in largo nella serie finale la corazzata Olimpia Milano: la favorita numero uno, quella più costosa, quella che è arrivata ad un tiro dalla finale della più importante e prestigiosa coppa continentale. Questa caduta quindi è molto pesante considerando l’altezza. Grandissimi meriti vanno alla Virtus Bologna ed in particolare al suo allenatore Aleksandar Djordjevic. 

Uno scudetto conquistato con dedizione e sacrificio, la voglia di non dar nulla per scontato al fine del risultato, nonostante lo status di molti giocatori.

Una grande vittoria che ritrova i concetti storici societari che non devono esser assolutamente dimenticati per il futuro: la Virtus deve solo ed esclusivamente dimostrare la sua capacità sul campo, non prima davanti ai microfoni, in questi playoff è successo fondamentalmente questo.

Aleksandar Djordjevic è ritornato il grande protagonista, dopo un anno difficile ne esce umanamente apprezzato da tutti ed è un grande valore per il futuro perchè conosce i limiti ed i difetti. Un successo nazionale importante ma,per i più scettici di Segafredo Zanetti,un grande macigno per la credibilità del progetto. Uno scudetto che perdona il passo falso in Eurocup con Kazan ma lo rende estremamente formativo per la crescita della Virtus. 

Le grandi sconfitte aiutano a crescere e non a condannare, una morale che deve esser appresa anche nei giorni più felici.


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