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NBA - Conseguenze della squalifica di Embiid su stipendi "rubati" e franchigie dal fiato corto

di Umberto De Santis

La sospensione inflittagli dalla NBA per aver malmenato un giornalista reo di aver nominato figlio e fratello defunto in un articolo (citazione fatta prontamente sparire alle prime contestazioni, ma ormai il danno era fatto) costerà a Joel Embiid $1.063.778 del suo stipendio di $51.415.938. Lo ha calcolato e comunicato via X Bobby Marks di ESPN. Non che avesse tutti i torti ad essere arrabbiato, il centro camerunense-franco-americano: nelle sue vicende sportive e nelle sue problematiche fisiche che ancora non gli permettono di giocare la prima partita del campionato 2024-25, i due non hanno niente a che vedere. Ma tutto questo can can distoglie gli occhi dal vero problema che sta emergendo in questi mesi nella NBA e di cui il cosiddetto "odio" nei confronti di Ben Simmons era stato finora la punta dell'iceberg.

L'esplosione degli ingaggi dei giocatori, grazie ai nuovi e più ricchi contratti televisivi spuntati da Adam Silver e al nuovo CBA, con tutta la puntuale  regolamentazione della progressione verso il contratto maximum ha arricchito le nuove star della NBA al punto che perfino i contratti di Michael Jordan con i Bulls degli anni Novanta sono diventati poco più che acqua fresca. Gli agenti hanno fatto il loro dovere, cercando di spuntare sempre e solo il più vantaggioso possibile per i loro assistiti e tante franchigie gli sono corsi docilmente dietro per non perdere quei giocatori simbolo su cui era stata costruita la squadra. Prendendosi il buono ma anche il cattivo di ogni situazione. Proprio i Sixers sono stati le prime vittime: tra infortuni e contratti per Embiid e Simmons hanno relegato la franchigia a una quantità di annate cattive cui si aggiungerà, viste le premesse, anche quella attuale per aver contrattualizzato al massimo quel Paul George che nei cinque anni ai Clippers ha giocato una stagione quasi intera soltanto nell'ultimo anno (74 presenze su 82 gare) e si sono giocati la flessibilità che la partenza di Simmons ai Nets aveva loro concesso.

Se pensiamo che i Lakers danno $48,728,845 in questa stagione e $52,627,153 nel 25-26 a LeBron James per tentare di vincere un titolo prima di chiudere la carriera e poi si affidano alla cagionevole salute di Anthony Davis ($58,456,490 nel 2024-25, $54,126,380 nel 2025-26) per sperare di riuscirci, ci viene da dire che se avessero trattenuto il 50% di quest'anno ai due ovvero 55 milioni di dollari, avrebbero potuto ingaggiare due All Star e mettere in campo un quintetto veramente competitivo. Invece per cacciarsi in questa situazione si sono privati della possibilità di scegliere bene agli ultimi draft giocatori che avrebbero calmierato il monte stipendi e non farli volare verso il secondo livello della luxury tax. La vittoria dell'anello NBA è sempre la conseguenza di una serie di fattori positivi che si intrecciano al momento giusto per una squadra ma certamente a Los Angeles hanno scelto la strada più accidentata per arrivarci.

Al contrario, gli Oklahoma City Thunder sono arrivati al primo posto della stagione regolare della Western Conference 23-24 potendo scrivere nei libri contabili solo $33,386,850 di stipendio per la stella della squadra Shai Gilgous-Alexander, $4,775,760 per Jalen Williams, $10,386,000 per Chet Holmgren permettendosi un contorno di giocatori di alto livello che, ad esempio, i Lakers non possono pensare di avvicinare. E a giudicare dall'avvio in queste prime settimane di competizione, i Thunder rischiano di poter dire davvero la loro nella corsa al titolo. Inevitabile è quindi che ci sia sconcerto nei fan nel vedere il successo della propria squadra estremamente legato all'usura di caviglie e/o ginocchia di questa o di quella superstar, quanto che la stampa specializzata si metta a far di conto e cominci a parlare apertamente di "stipendi rubati". Non si tratta più di stigmatizzare l'operato della dirigenza di Brooklyn che prese a caro prezzo i "bolliti" Garnett e Pierce dai Celtics. No, si tratta di ricatti belli e buoni e la vicenda Harden proprio a Philadelphia ce ne ha rivelato una faccia clamorosa.

E, a proposito, c'è chi nella NBA si attende l'implosione proprio dei Boston Celtics alla fine di questo 24-25, specialmente se dovesse realizzare il secondo titolo consecutivo. Il proprietario Wyc Grousbeck ha già annusato l'andazzo e sta vendendo la franchigia, considerata fino a ieri un gioiello di famiglia incedibile. I $197,069,191 iscritti nel libro paga di quest'anno diventeranno $226,047,874 nel 25-26. Il tetto salariale attuale è di $140,588,000 e la luxury tax si prevede intorno a $65,600,000. In futuro abbiamo Jaylen Brown impegnato con un contratto che ammonta complessivamente a $288.260.000 e Jayson Tatum che nella prossima off season avrà diritto anche a una cifra superiore per non diventare free agent alla fine del 2025-26. Essendo un franchising non c'è pericolo che i Celtics collassino, ma potrebbero essere ridotti rapidamente a un gruppo, con giocatori rookie o minimum veterani, non competitivo intorno a due star super-stra-pagate e insoddisfatte di veleggiare in bassa classifica. Ricorderebbero un po' i Lakers delle ultime tre stagioni, no?


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