.

Un libro di Carlo Spillare: "Come crescere nel basket e nella vita"

di Redazione Pianetabasket.com

(di Mario Natucci). Siete giovani giocatori di basket e volete fare salti di qualità non solo nel gioco ma anche migliorarvi anche nella vita. Che fare? Una risposta, meglio, una serie di risposte adatte a voi le trovate nel libro dal titolo “Meravigliarsi per crescere”, pubblicato di recente da MaginotEdizioni.

L’autore è un avvocato, Carlo Spillare. Particolare non secondario: Spillare è stato in gioventù anche un ottimo giocatore di basket in serie A, con i colori della Reyer Venezia. Perché non secondario?

Perché il basket, come ogni sport, è anche un percorso che per sua natura impone di crescere, di dare il meglio di se stessi. Il libro di cui parliamo è l’ultima fatica di questo avvocato vicentino, che si è talmente appassionato dell’arte – o scienza – di migliorarsi da diventare anche psicologo.

È fondatore, assieme alla psicologa – nonché moglie - Patrizia Serblin, dell’Istituto Serblin per l’Infanzia e per l’Adolescenza, responsabile del Progetto di Formazione Umana e Professionale dell’Istituto di Dinamiche Educative Alternative  (IDEA srl) di Curno (Bergamo).

Tutto comincia nel 1976, quando Spillare, 21 anni, era un giocatore di successo, che però nascondeva in sé ansia, timidezza, insicurezza, tensioni sfociati addirittura in un’ulcera. La svolta arriva quando il protagonista, spinto dalle sue sorelle, per provare a risolvere i suoi problemi si iscrive a un corso di “Dinamica Mentale Base”.

Il corso era tenuto da Marcello Bonazzola, istruttore carismatico dotato di grande capacità di calamitare l’attenzione e stimolare la riflessione. Nessun incontro avrebbe mai potuto avere un impatto più forte sulla vita del giovane Spillare.

Grazie alle tecniche apprese da Bonazzola, Spillare diventa in grado di imprimere un’accelerazione decisiva alle sue vicende sportive, universitarie e poi professionali. In breve, tutto migliora, e sparisce anche l’ulcera.

Il cambiamento è a tal punto positivo da indurre Spillare a diventare egli stesso istruttore, psicologo. In questo aiutato dall’esperienza della moglie Patrizia.

Difficile riassumere per i giovani il contenuto e i consigli contenuto nel libro, che consiste in gran parte in una serie di riflessioni da cui trarre gli spunti utili per costruire i propri progressi. Il punto importante da cui partono i due psicologi è il fatto che “la vita è un dono; l’unica realtà è il mistero, che non va vissuto con paura, ma con curiosità, integrità e coraggio”.

Già, come affrontare il “mistero”? Cercando di conoscere se stessi, soprattutto i propri difetti, senza pudori e reticenza. Può essere utile perciò una guida, una specie di decalogo. Ecco in breve i dieci punti (che non sono comandamenti!) di questo ‘decalogo’.

1) Sapere per capire. Le situazioni storte capitano a tutti. Ma troppo spesso ci si abbandona al fatalismo o alla rassegnazione. Ebbene, se la smettiamo di lamentarci o di pretendere che siano gli altri a capirci, se ci diamo da fare, possiamo stare a galla, cavarcela.

2) Capire per fare. Inutile cercare convincere altri a fare, a risolvere la situazione. Fondamentale, invece, decidere di fare qualcosa di costruttivo e utile per migliorare la qualità della propria vita.

3) Fare per conoscere. Quando si passa all’azione concreta, dobbiamo vincere la paura. Qui è di fondamentale aiuto la pratica dello sport. Non si può pensare di vincere se non si è disposti a rischiare di perdere:  se si ragiona così tutte le energie si concentrano automaticamente sulle possibilità di vincere.

4) Conoscere per riconciliarsi. Riconciliarsi con chi? Innanzitutto con se stessi. Intanto va abbandonata l’idea di dover essere perfetti. Ovviamente nessuno è perfetto. Bisogna andare avanti nonostante i nostri difetti, in ogni caso, una volta che questi siano accettati, fare quel che si può, con fiducia.

5) Riconciliarsi per vivere. Si può sbagliare, fallire, pagare per questo senza mettere in discussione il riconoscimento delle proprie caratteristiche e quello delle persone con cui si ha a che fare. Non perché si deve, ma perché lo si sceglie, liberamente.

6) Vivere per meravigliarsi. Quando si scopre come si è fatti dentro, difetti e pregi, quando insomma ci si è riconciliati con se stessi, subentra un senso di pace e di apertura. Di fronte a un impegno molto forte spesso di pensa: ‘E se non ce la faccio?’ E perché non si prova a dire, invece: “E se ce la faccio?’ Perché non andare poi a vedere che cosa succede?

7) Meravigliarsi per crescere. La crescita susseguente alla meraviglia è sostanzialmente una consapevolezza soggettiva. Se si coglie il senso di meraviglia per tutto ciò che è dentro e fuori a ognuno di noi, quel senso di meraviglia dovrebbe essere indirizzato per il proprio sviluppo personale. Cioè, per crescere. Insomma, tocca a me farmi star bene, e nessun altro può farlo al posto mio.

8) Crescere per condividere. Un giorno Spillare giocò una partita fantastica, 30 punti e standing ovation del pubblico alla fine. Negli spogliatoi fece una cosa, per certi versi, stranissima: andò a ringraziare uno per uno i suoi compagni. Era la cosa giusta. Il successo non è merito esclusivo di chi lo raggiunge. Non è vero successo se non lo si condivide con nessuno.

9) Condividere per amare. Quando si condivide qualcosa con qualcuno, ci si apre, e si comincia a mostrarsi per quello che si è, al di là di quello che si vorrebbe far credere di essere. Nel condividere è possibile uguale all’altro, e si instaura così un rapporto vero, e i pregi e i difetti dell’altro diventano irrilevanti di fronte all’unicità di ogni persona.

10) Amare per dare un senso alla vita. Quando si è consapevoli di chi si è, ci si assume la responsabilità e si scommette su se stessi, i risultati arrivano. E a questo punto ci si trova di fronte a una scelta: guardarsi allo specchio e dirsi ‘bravo!’, oppure rendersi disponibili a dare agli altri quello che si ha. A quel punto la vita ha un senso.

Nelle riflessioni contenute nel libro, Spillare ci tiene a tenersi lontano da ogni credo religioso. E tuttavia, una volta chiuso il libro, non può non tornare alla mente la preghiera di Tommaso Moro (16° secolo), anch’egli avvocato, addirittura stretto collaboratore del re d’Inghilterra Enrico VIII.  "Signore, dammi la forza di cambiare le cose che possono essere cambiate, la pazienza per sopportare quelle che non possono essere cambiate, ma soprattutto l'intelligenza di saper riconoscere e distinguere le une dalle altre". 

Prigioniero nella Torre per ordine del re che l’aveva condannato a morte, continuò a scrivere pensieri illuminati e originali; nelle sue preghiere chiese anche di avere “un’anima che abbia occhi per la bellezza e la purezza“, di non preoccuparsi troppo “di quella cosa invadente che si chiama io”. Tommaso Moro è considerato santo sia dalla Chiesa cattolica, sia da quella anglicana.

Molti secoli prima, sul Tempio di Apollo a Delfi, spiccava una scritta: «Conosci te stesso» (in greco antico γνῶθι σαυτόν, gnōthi sautón,). Una raccomandazione preziosa per tutti, non solo per gli psicologi e per il nostro Carlo Spillare, che l’ha tenuta ben presente.

Mario Natucci


Altre notizie
PUBBLICITÀ