Auxilium Torino: a processo per i crediti inesistenti che portarono al fallimento
Si è aperta ieri a Torino una coda dell'inchiesta per bancarotta della squadra di basket "Auxilium". Secondo le accuse della procura i dirigenti di una formazione che non avrebbe avuto la consistenza patrimoniale per iscriversi alla serie A di pallacanestro ma riuscì a trionfare in una Coppa Italia nel 2018 e fu anche protagonista in due semifinali per lo scudetto, misero in atto una decina di operazioni di indebita compensazione dell'Iva per sbianchettare tutto il passivo e risultare in regola. La prima tranche dell'inchiesta era andata a processo nella primavera del 2023 (link) con le prime condanne e il rinvio al giudizio cominciato ieri per altri imputati.
Si tratta materialmente della contestazione della creazione di crediti inesistenti per un milione e 400 mila euro circa verso l'Agenzia delle Entrate che, avvalendosi del cosiddetto "accollo tributario", furono utilizzati dai nove imputati, tra cui l'imprenditore Mario Burlò (avvocato Maurizio Basile), il suo braccio destro Enrico Rodolfo Zumbo (avvocato Domenico Pella), l'ex notaio Roberto Goveani - in passato presidente del Torino calcio - e il figlio Umberto, come compensazione. Auxilium non aveva liquidità (e ancor meno uno sponsor) per poter iscriversi al campionato e grazie all'intervento di quattro società (Eurostretch srl, Trading & Management, Unitrade Consulting, Fuel Trans srl) riuscì comunque a partecipare. Le società si sarebbero "accollate il debito", al 50%, permettendole di regolarizzare la propria posizione con la Com.Te.C. e di conseguenza con la Lega Basket.
La Stampa di Torino questa mattina fa notare che il processo è a rischio di prescrizione, essendo passati ormai quasi sette anni dai fatti contestati del 2018 (e 2019), e il processo è appena cominciato. Una lotta contro il tempo per la procura di Torino, convinta nell'affermare che "il Cda della società di pallacanestro (dichiarata fallita il 17 settembre 2019) avrebbe dovuto chiedere il fallimento già nel 2015, quando era stato perduto il patrimonio netto." A queste contestazioni già ieri Raffaele Zumbo ha voluto rilasciare spontanee dichiarazioni sostenendo come "al momento delle verifiche il credito esisteva nel cassetto fiscale altrimenti la compensazione non sarebbe esistita".