FIP - Samuel Amadu Adeola, altro italiano che resta straniero: il CONI c'è?
Quando si parla di giovani italiani figli di immigrati e di pallacanestro negata, il pensiero corre alla vicenda Tam Tam di Massimo Antonelli. Ma probabilmente di storie di basket giovanile negato ce ne sono altre in giro per lo stivale. Piero Guerrini ne ha trovata una, e la racconta sulle pagine odierne di Tuttosport. E anche in questo caso dobbiamo tutti pregare che esista un Dio che illumini ancora una volta il presidente federale Gianni Petrucci, come già successo per intercessione di Draghi e Malagò?
"Samuel Amadu Adeola ha una storia come tanti, cui spesso noi non facciamo caso. E' arrivato in Italia dalla Nigeria che era piccino, con la famiglia. La mamma ha deciso di prendere la cittadinanza italiana e di conseguenza da pochi giorni anche lui, a 16 anni e tre mesi lo è diventato a tutti gli effetti. Riceverà anche il passaporto fra un mese. Ma nella vita lo è da tempo, italiano: studia alle superiori, gioca a basket nella Novipiù Campus.
Ecco, il punto dolente: la società ha altri due ragazzi che diventeranno italiani sul campo per la formazione (ma non per la Nazionale) e ogni squadra può schierarne solo due. Così la società ha chiesto come fare per cambiare tipologia di tesseramento.
Già, la storia di Samuel Amadu Adeola ricalca quella dei ragazzi della Tam Tam di Massimo Antonelli, per i quali il presidente del Consiglio Draghi e il presidente del Coni Malagò hanno sollecitato e ottenuto che potesse giocare i campionati nazionali giovanili, cambio di regole prontamente attuato dalla Fip di Giovanni Petrucci. Nel caso di Samuel, invece, la Fip ha risposto attenendosi all'articolo 24 del Regolamento Esecutivo Tesseramenti.
Samuel potrà cioè essere considerato italiano, ciò che è adesso, dalla prossima stagione. Ora, è comprensibile che le regole siano restrittive a livello senior per tutelarsi dai furbetti. Ma per le giovanili è necessario cambiare subito un regolamento iniquo e punitivo.
Samuel è italiano e giochi come tale, soprattutto facciamo che possa giocare, a prescindere. La battaglia per lo Ius Soli sportivo è solo agli inizi, è una battaglia di civiltà per la quale tutti possono e anzi devono schierarsi. Lo sport, il basket, sono già in prima fila, ma cambiare certe regole aiuterebbe a correre al passo con la realtà. E del resto il sangue è rosso per tutti. Non è diverso di Nazione in Nazione".