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NBA D-League in fermento, la rivoluzione che sconvolgerà l'Europa

di Umberto De Santis

I movimenti dei giocatori americani verso l'Europa sono destinati a profondi mutamenti nei prossimi anni? Converrà, al di là dei premi e premiucci federali, alle società europee (non solo italiane, quindi) tornare a lavorare in profondità sui settori giovanili? La tendenza in corso negli USA ci dice che ben presto le franchigie della NBA Development League saliranno di numero fino a 30: una affiliata a testa per ogni franchigia NBA. Questo comporterà un numero maggiore di giocatori che non lasceranno gli States per sviluppare una carriera professionistica in Europa o altrove (specialmente i rookie) perchè gli investimenti in atto modificheranno completamente tutti gli aspetti della geoeconomia baskettara.

Il motore silenzioso di questa rivoluzione sta in due fatti: uno, l'interesse crescente del pubblico verso la D-League (noi ne abbiamo avuto un assaggio tricolore quando Gigi Datome è andato nei Grand Rapids Drive); l'altro sta in quello che a ogni franchigia non piace vedere un proprio giocatore tagliato riemergere dalla D-League verso un'avversaria. Due esempi: Hassan Whiteside ha giocato con Energy Iowa, affiliato a Memphis Grizzlies, per trovare consacrazione a Miami; e Robert Covington, tagliato dai Rocket ha giocato a Grand Rapids (affiliata Pistons) ma ha avuto la chance NBA di successo con Philadelphia.

Nella scorsa stagione, su 350 giocatori delle varie formazioni di D-League, ben 47 di loro hanno poi ottenuto un contratto NBA (fonte Chris Reichert/Upsidemotor.com). Ma perchè allora, se la vetrina è buona, molti statunitensi si giocano la carta europea dal Belgio alla Spagna, dalla Repubblica Ceca alla Turchia? Gli stipendi negli USA viaggiano da 13.000 a 25.500 dollari per una stagione intera: per questo la Virtus Bologna ha potuto dichiarare di andare alla Summer League con 60.000 euro per prenderne due...

Una ristrutturazione della D-League, provocata dal maggior interesse verso questa Lega da parte delle franchigie NBA, potrebbe far lievitare gli stipendi fino a una forbice che va da 40.000 a 76.000 dollari, come è stato calcolato da Chris Reichert nel suo ultimo report. Per le formazioni europee, israeliane comprese (hanno prodotto un proprio campionato di sviluppo interessante negli ultimi anni per rispondere all'egemonia del Maccabi Tel Aviv), si tratterebbe di raddoppiare il budget sul costo dei giocatori americani. Cifre che, se impiegate per un settore giovanile che non guardi al palmarès del coach di turno o alle ambizioni dei qualche presidentucolo, potrebbero far crescere in qualità e quantità il movimento della pallacanestro in maniera veramente importante. Ma la creazione di circoli virtuosi non è nel DNA degli italiani.


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