.

A2 - Napoli Basket: il progetto di Federico Grassi vuole spiccare il volo

di Umberto De Santis

Rigore quasi teutonico, come il ruolo di responsabile amministrativo e di controllo di gestione in azienda gli richiede. Cortesia e simpatia quasi napoletane come presidente del Napoli Basket, dove il quasi è un complimento e non una limitazione dagli eccessi dei ruoli. Tanto che la scintilla, quel "love of the game" che cerchiamo in tutti i nostri interlocutori quando parliamo di pallacanestro, viene fuori solo alla fine. Intrigante è stato per Federico Grassi seguire il figlio, che gioca nelle giovanili del club, nel suo percorso sportivo.

Perché non possiamo accontentarci: di affaristi e illusionisti le cronache del basket sono piene. Ci vuole la giusta misura in entrambi gli aspetti. Ci vogliono segnali forti. L'acquisto del titolo sportivo per giocare la serie A2, dopo un anno di serie B a lungo promettente ma dall'esito potenzialmente demoralizzante, è arrivato dalle tasche dei soci e non da quelle degli sponsor. Il segnale è forte, merita di essere sottolineato.

Forte la capacità di affidare la costruzione della nuova squadra al general manager Antonio Mirenghi, senza quelle incursioni della "proprietà" che sono quasi sempre state dannose, con budget e piani tecnici condivisi. 1,5 milioni il monte spese complessivo, una cifra importante che la proprietà ha preso a suo completo carico non disponendo di uno storico qualificante per stabilire i ricavi.

Ora la domanda è: la città di Napoli vuole una società di pallacanestro importante?

L'impianto di Casalnuovo ha ospitato centinaia di persone, nell'ultima stagione. Il PalaBarbuto è finito, ci andrebbero dentro anche cinquemila persone. Un pubblico da piano nobile, un palazzo che poche squadre in serie A possono dire di avere a disposizione. Ma per farlo occorre che la determinazione del Comune di affidarne la completa gestione al Basket Napoli sia priva di incertezze e compromessi, e a lungo termine. Una prima squadra è soltanto la punta dell'iceberg di una organizzazione che parte dai bambini. E il cantiere è in costruzione.

Così dovrebbe essere la risposta degli appassionati napoletani, un bacino di utenza incredibile troppe volte illuso. Tanto da non nasconderci che tanti pregiudizi sull'operazione "titolo A2" dicevano "Dureranno fino a febbraio". Nella sala riunioni in azienda ne abbiamo riso, noi e Federico, un buon modo per rompere il ghiaccio e fare conoscenza reciproca (il PalaBarbuto oggi è nelle mani delle Universiadi, in campo ci vedremo un'altra volta). Stavolta però lo zoccolo duro esiste e ha uno spessore granitico.

Effetto domino: se Napoli risponde, i media amplificano, l'interesse aumenta esponenzialmente e gli sponsor arrivano. Conta sempre vincere, ma ogni progetto di sponsorizzazione vuole veder evidenziare altri caratteri: credibilità, simpatia, incisività. Con un gruppo di collaboratori importante. E magari con un pool di aziende che portino tanti mattoncini alla causa, intercambiabili.

Imprenditori che ci credono e cercano altri imprenditori, perchè "Siamo una famiglia, riusciamo a gestirci bene ed è un piacere sederci a tavola a parlare con gli altri soci e discutere di tutte le cose di cui si ha da discutere, una famiglia aperta a far entrare altri e vedere la società in una maniera diversa". Perché alla fine si fa tutto questo per la città, per la positiva valenza sociale dell'esempio.

Importante come la gestione della improvvisa notorietà caduta in testa a Federico Grassi, che ancora si meraviglia se un ragazzino gli si fa incontro per chiedere di fare una foto insieme, o se qualche tifoso gli offre il caffè chiamandolo presidente. Le ali sono aperte, il progetto può spiccare il volo.


Altre notizie
PUBBLICITÀ