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Da campione a campione per David Blatt è sempre basket ai massimi livelli

di Redazione Pianetabasket.com

"Come ha trascorso i primi mesi da head coach Nba? «Mi sono preso il tanto tempo per conoscere i miei giocatori e per imparare le differenze tra essere coach in Nba e in Europa, che non riguardano solo il basket. Ho guardato la Summer League, sono andato ad incontri ed eventi, ho trascorso del tempo col mio staff e i tifosi dei Cavs. Insomma, ho cercato di immergermi completamente nella cultura del basket Nba e in quella dei Cavaliers»,

Dal numero 1 d'Europa, il Maccabi Tel Aviv, al numero 1 del basket mondiale ed NBA LeBron James. La carriera intensa ed incredibile di David Blatt si arricchisce di un nuovo capitolo, che sarebbe riduttivo, per il tecnico americano, definire come un ritorno a casa. L'articolo di Davide Chinellato della Gazzetta dello Sport a Blatt vuole mettere a fuoco il passaggio dalla pallacanestro del resto del mondo a quello semi fantascientifico del professionismo made in USA. Certo l'aver allenato il Maccabi, che in Euroleague rappresenta non un club ma un Paese, e la Nazionale russa ha già temprato il carattere di Blatt, come le tante esperienze in squadre diverse e in stati e culture diversi. Non solo Bargnani, Belinelli, Datome e Gallinari: è bello che ci sia qualcun'altro che porti un pezzettino d'Italia nella NBA.

Ci sarà tanta pressione su Cleveland quest'anno: come pensa di gestirla? «Ho vissuto completamente immerso nella pressione negli ultimi 20 anni da coach. Sono stato così fortunato da allenare tantissime squadre che lottavano ai massimi livelli e avevano pressioni enormi. Mi sono abituato a questa parte del lavoro e sono contento che sia così anche qui».

Come allenerà LeBron James? «Penso che LeBron sia il miglior giocatore del mondo. E che voglia essere allenato, e allenato nel modo giusto. Io voglio fare esattamente quello».

Kyrie Irving torna dal Mondiale con l'oro e il premio di mvp: pensa che questo lo aiuterà a crescere? «A Kyrie sono successe tre cose interessanti quest'estate. La prima è che ha lavorato duramente per prepararsi al Mondiale, prima per entrare in squadra e poi per essere un giocatore importante all'interno del gruppo. La seconda è che ha riconosciuto che stava giocando con altri grandi giocatori, e che il suo lavoro come play era quello di aiutare la squadra a funzionare nel modo giusto. Ed è un compito che ha eseguito volentieri. E poi doveva mostrare di poter giocare a suo modo nonostante il diverso stile di gioco: ci è riuscito talmente bene che ha vinto l'mvp del torneo. Penso che la sua sia stata un'estate favolosa. E che abbia giocato un mondiale favoloso».

In Europa ha costruito le sue fortune in difesa: quanto del suo sistema è esportabile nella Nba? «Abbastanza, credo. Ovviamente ci sono differenze nel modo di giocare, ma penso che l'unicità di alcuni schemi che eseguivo in Europa possano funzionare bene anche in Nba. Spero che i miei giocatori siano capaci di adattarsi a quelli schemi e di utilizzarli nella miglior maniera possibile».

Cosa ha imparato dalla sua esperienza italiana? «In ogni campionato e in ogni paese in cui ho allenato ho scoperto un modo diverso di fare basket. Ricordo volentieri l'Italia per la tanta enfasi che si metteva sui tifosi, sulla loro partecipazione e sulla loro passione per il basket. Il gioco veniva insegnato molto bene, sia in attacco che in difesa. E poi le partite erano sempre tirate e molto competitive".


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