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Enrico Gilardi ricorda Marco Solfrini

di Redazione Pianetabasket.com

Enrico Gilardi è stato uno dei pilastri di quel Banco di Roma e della Nazionale poi nella quale ha condiviso emozioni e trionfi con Marco Solfrini, che ci ha lasciato sabato improvvisamente, per un malore, mentre si trovava a Parma. La Repubblica edizione Roma, per la penna di Eduardo Lubrano, gli ha chiesto un ricordo del "Gigante buono".

Gilardi, che persona era Marco Solfrini? «Un ragazzo semplice, umile nel senso migliore del termine e modesto inteso allo stesso modo. Molto alla mano. Con Marco era facile parlare di tutto».

Il giocatore visto da compagno di squadra? «C'era un solo modo di vederlo. Di giocatori capaci di fare quello che faceva lui in quel momento in giro non ce ne era quasi nessuno. Aveva fisico, elevazione, braccia lunghissime, passione e molta determinazione nel raggiungere obiettivi che aveva chiarissimi in testa. E studiava tantissimo per arrivarci. È stato uno dei primi con quel tipo di fisico e struttura a giocare da esterno perché la sua tecnica glielo permetteva».

Nell'anno dello scudetto lui e Dalle Vedove erano gli unici non romani, oltre agli americani, della squadra. Come fu l'inserimento? «Per Marco, come per molti di noi, era così bello ed interessante entrare in contatto con gente e posti nuovi che spostarsi non era un ostacolo. Quei quattro anni sono stati molto semplici, proprio come lui. Era facile voler bene a Marco».

Un ricordo particolare che la lega a Solfrini? «Uno no. Tutti sì. Voglio dire che tutto quello che abbiamo fatto insieme è stato speciale, indimenticabile per quel gruppo, per quelle squadre che isolarne uno è molto complicato. Il mondo di Marco era molto bello perché era chiarissimo e limpido»


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