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Fietta: “San Martino ambiente ideale per crescere. Proveremo a ripeterci”

di Salvatore Possumato
Elena Fietta in azione

Si è avvicinata alla pallacanestro che conta in punta di piedi, Elena Fietta, con la modestia e la caparbietà che da sempre la caratterizzano. Bassanese classe 1995, con la palla a spicchi tatuata sul cuore e una incontenibile voglia di emergere, è riuscita lo scorso anno a ritagliarsi uno spazio sempre maggiore nelle rotazioni di coach Gianluca Abignente (per tutti, semplicemente, Larry), rispondendo presente quando in cabina di regia è venuto a mancare, per un grave infortunio, il fondamentale apporto di Caterina Dotto.

Ha chiuso l’annata in crescendo Fietta, fino alla storica qualificazione del Fila San Martino alla semifinale scudetto persa contro Schio.

Minutaggio che è quasi raddoppiato nelle prime due uscite stagionali, segno di una crescita costante accompagnata dalla fiducia nei suoi confronti da parte di una società che punta a confermarsi tra le prime quattro forze del campionato.

Elena, quando hai scoperto la passione per il basket?

“All’età di 8 anni. Mio padre è istruttore di sci e mi ha trasmesso l’amore verso questo sport fin da bambina. Un giorno però fui incuriosita da un compagno di scuola che andava sempre in giro con un pallone da basket. Mi chiesi allora, perché non provare? E dopo qualche palleggio e qualche tiro capì che la pallacanestro sarebbe stato lo sport della mia vita. Continuai a sciare fino all’età di 15 anni, poi coniugare le due passioni divenne impossibile, gare di sci la domenica mattina e sul parquet nel pomeriggio per i tornei giovanili di basket. Feci allora una scelta ed è facile intuire quale”.

Descrivici le tue caratteristiche tecniche.

“Bella domanda. Non avendo ricevuto in dono da madre natura un’altezza, per così dire, da pivot, cerco di sfruttare al meglio altre doti. Prima tra tutte la velocità, sia per ‘scappare’ dalle lunghe avversarie e trovare la via del canestro, sia nel valutare tempestivamente le soluzioni migliori per servire le compagne”.

Partendo dal presupposto che la pallacanestro, come ogni sport, è un continuo mettersi in discussione e cercare di superare i propri limiti, in quali fondamentali credi di dover ancora migliorare?

“Sicuramente nel tiro dalla lunga distanza, sul quale sto lavorando intensamente in palestra e in fase difensiva nel leggere meglio le situazioni con palla lontana”.

Tre anni in una piazza gloriosa come quella di Vicenza e poi l’approdo a San Martino in A2, nel 2016, per la definitiva esplosione. Quali fattori hanno favorito la tua crescita e perché hai deciso di lasciare Vicenza?

“Mia sorella Ludovica giocava e tutt’ora gioca a San Martino di Lupari – all’epoca nell’Under 14 - a poca distanza da casa, a Bassano del Grappa. Intrapresi questa nuova avventura perché a Vicenza sentivo di avere poche opportunità per esprimere il mio potenziale. Mi hanno aiutato molto sia lo spirito di coesione che anima lo spogliatoio di San Martino sia la filosofia societaria, improntata sulla valorizzazione delle giovani atlete. A Vicenza si puntava quasi esclusivamente sull’esperienza. Si lottava per la promozione e si preferiva andare sul sicuro, concedendo poco spazio alle giovani e giovanissime. Avevo l’opportunità di allenarmi con ottime giocatrici, ma facevo tanta panca e a vent’anni sentivo il bisogno di viverla da protagonista l’A2. A San Martino la mentalità è totalmente differente, in A2 hai la possibilità di esordire anche a 14 anni e allenarti contemporaneamente con la prima squadra per farti le ossa e una volta pronta essere lanciata sul palcoscenico dell’A1”.

Per l’appunto. Arriviamo così all’esordio in A1, lo scorso anno, contro la Dike Napoli (poi ritiratasi a torneo in corso). Con il primo canestro segnato dopo appena 5 secondi dall’ingresso in campo, bucando in penetrazione le maglie difensive avversarie. Senza paura, con quella sfrontatezza che è il tuo marchio di fabbrica.

“Un’emozione indescrivibile. Diciamo che ho dovuto offrire le paste una volta sola, avendo nello stesso giorno esordito in A1 e segnato i primi punti. Scherzi a parte, avevo voglia di rompere subito il ghiaccio e sfruttai un gioco in pick&roll per buttarmi in un’area affollata – dinnanzi a me avevo Laura Macchi, insomma non esattamente l’ultima della classe - e tirai senza guardare”.

Come giudichi la tua prima stagione nella massima serie?

“Con l’infortunio occorso a Caterina (Dotto, ndr), in una fase cruciale della stagione, coach Larry Abignente ha mostrato fiducia nei miei confronti e mi ha gettato nella mischia. Credo di essere stata brava a farmi trovare pronta, cercando di dare il massimo e sfruttando a pieno ogni occasione concessami. Nonostante le difficoltà abbiamo raggiunto un traguardo storico, la semifinale scudetto. Non potevo desiderare di meglio per il mio esordio in A1”.

Quali sono i momenti che ricordi con più piacere?

“Dovessi scegliere due fotogrammi rappresentativi della scorsa stagione, indicherei senza dubbio il finale di gara 3 dei quarti con Broni, il clima di esaltazione collettiva che si respirava nel palazzetto e la nostra incontenibile gioia e gara 4 della semifinale persa con Schio, le lacrime di coach Abignente e quell’enorme, lungo abbraccio che ci ha unito tutte a fine gare a suggellare un’annata che entrerà nella storia della società”.

Dopo le prime due giornate salta all’occhio la notevole crescita del minutaggio concessoti da coach Abignente. Dai 12 minuti medi dello scorso anno, agli oltre 20 delle prime uscite stagionali. Segno della fiducia che il tecnico e la società ripongono in te.

“Sento attorno a me la fiducia del coach e delle compagne e ciò è di fondamentale importanza per esprimersi su buoni livelli. Con il crescere del minutaggio aumenta anche il numero dei palloni giocati e la filosofia di coach Abignente è improntata sul responsabilizzare al massimo le atlete: chi è libera tira. Questo presuppone naturalmente che le compagne abbiano fiducia in te nel passarti la palla”.

La scorsa stagione, come da te precedentemente ricordato, avete conquistato per la prima volta nella storia del club le semifinali playoff. Dove credi possa arrivare il Fila quest’anno e chi sono le favorite per la conquista del titolo e le possibili outsider?

“Difficile parlare di obiettivi a stagione appena iniziata. La partenza è stata positiva, ma credo che questa squadra abbia ancora notevoli margini di crescita. Non dimentichiamo che abbiamo ancora tre senior fuori per infortunio, Caterina Dotto e Martina Sandri non necessitano certo di presentazioni e Giulia Ciaravella è nel giro della Nazionale e ha enormi potenzialità. Ripetersi non sarà facile, ma puntiamo ad essere la mina vagante del torneo. Per il titolo i nomi sono sempre gli stessi, Schio, Ragusa e Venezia. Come possibile sorpresa vedo bene la Geas Sesto San Giovanni, ha un roster di qualità, giusto mix di esperienza e giovani di talento e un tecnico preparato e di carattere come Cinzia Zanotti”.

Si è aperto oggi, con il raduno di Montegrotto Terme, un nuovo ciclo per la Nazionale con il ritorno di coach Andrea Capobianco. Inutile dire che il tuo sogno è far parte del gruppo che, come ci auguriamo, prenderà parte agli Europei che si terranno nel 2021 n Spagna e Francia.

“Vestire la maglia azzurra della Nazionale è il desiderio di ogni atleta, impossibile negarlo. Ho ancora molta strada da fare, sono appena all’inizio della mia carriera a certi livelli ma spero con impegno e dedizione di poter un giorno trasformare il sogno in realtà”.


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