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Michele Ruzzier: «Fortitudo e Virtus? Il calore del tifo è simile. A Bologna tanti ricordi belli»

di Redazione Pianetabasket.com

Ospite di "Alley Oop" su Revolution Media, Michele Ruzzier ha anche parlato del suo passato alla Virtus Bologna. Il play, oggi a Trieste, ha giocato sia per le Vunere che per la Fortitudo. "Alla Fortitudo era Legadue, quindi probabilmente il seguito era un po’ un po’ diverso. Dal punto di vista del calore del tifo è molto simile. Magari certi dicono la Effe di più, con la Fossa dei Leoni, invece dal mio punto di vista è molto simile. Poi c’era sì il derby dopo otto o nove anni che non c’era più. Ricordo all’Unipol con novemila e più persone. Insomma ricordi belli", dice Ruzzier, che sulla Virtus ricorda la chiamata di Sergio Scariolo. “Me lo ricordo benissimo, ero al preolimpico a Belgrado, c’era il coronavirus, eravamo tutti chiusi in stanza e non si poteva fare niente. A un certo punto mi scrive il mio agente dicendomi che Scariolo voleva parlarmi, e io dico, e cosa vuole Scariolo da me? (ride ndr) Poi mi ha chiamato e mi ha detto in sostanza che mi voleva. Sul momento non ero convinto, mi chiedevo cosa sarei andato a fare lì, a non giocare, insomma era meglio rimanere a Varese. Però avevo sempre voluto provare l’esperienza di giocare in una grande squadra, avevo ventotto anni e allora ho detto: dai, o adesso o mai più. Quindi poi alla fine ho accettato e ne sono stato davvero felice”.

L'impatto con un grande club e con Milos Teodosic. “All’inizio mi faceva strano perché appena arrivato al raduno d’estate abbiamo fatto una cena in un albergo e mi sono ritrovato lì al tavolo con Belinelli e Teodosic e mi dicevo ma non è possibile che io sia qui. L’impatto è stato questo, poi anche con Beli siamo diventati molto amici, con Cordinier e con Pajo. Sono ragazzi che sento tutt’ora e con cui c’è stato veramente un gran bel rapporto.
Teodosic? Milos fa cose e vede cose solamente lui. Certe veramente inimmaginabili e quello che vedevi in allenamento non era minimamente paragonabile a quello che faceva in partita, cioè in allenamento era come stare dentro a un pinball, passaggi, boom, boom, no look, bombe, faceva veramente venire il mal di testa. Ho avuto fortuna a stare con lui quell’anno e mezzo e anche a diventarci amico, perché alla fine avevamo davvero un bel rapporto anche fuori dal campo, quindi sono veramente grato di averlo vissuto”.

Sulla crescita di Alessandro Pajola, compagno di reparto, aggiunge: “Sicuramente la difesa è un caposaldo, ma questo lo sanno un po’ tutti. Credo che negli anni abbia aggiunto consapevolezza sulle sue capacità organizzative, se guardate ad ogni tiro libero è già che organizza l’attacco dopo e organizza la difesa ancora dopo. Questo credo sia la sua più grande qualità, oltre ovviamente al talento naturale che ha sicuramente dal punto di vista difensivo”.


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