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Olimpia ko in gara-1: la Sassari di Pozzecco e la lezione di Avellino

di Paolo Corio
James contrastato da Thomas

Il pre-partita di coach Pozzecco fa pensare a tutto fuorché alla tensione di gara-1 di una semifinale playoff. Abbraccia chiunque passi a salutarlo dalle parti della panchina (ancora di più se per arrivare al Forum ha imboccato l’autostrada da Varese), riceve via Sardara un paio di T-shirt che lo fanno sorridere prima di riporle con cura nella busta di cellophane, infine decide per la diretta a reti unificate andando a “dare il cinque” agli ex-compagni e amici Andrea Meneghin (in cuffie e maglietta Eurosport) e Sandro De Pol (in un più classico completo in stile Rai) quando ormai gli arbitri stanno alzando la palla a due.

Il solito Pozz tra folle incoscienza e umanissima guasconeria? No, questa volta proprio no. Tra file video e partite viste dal divano dopo il 3-0 rifilato a Brindisi, l’allenatore della Dinamo sa di potersi giocare le sue carte perché ha messo bene a fuoco quello che Avellino ha fatto a lungo vedere nella serie all’ultimo match dei quarti: la zona colorata dell’Olimpia Milano è in questo momento un’area decisamente attaccabile. Puoi servirci il pallone al tuo big-man Cooley, sperando in futuro che non si auto-annulli tra passi e falli commessi (solo 4 punti nel successo di mercoledì sera). Puoi andarci a saltare per prendere una bella manciata di punti da rimbalzo offensivo, come fanno più volte Thomas (25 a referto, più 11 rimbalzi) e Polonara (13). Puoi anche penetrarci come fa a ripetizione l’ispiratissimo Stefano Gentile (top-scorer con 26), imitato in più occasioni da Pierre (quarto e ultimo sardo in doppia cifra con 12 punti sullo score). E puoi fare tutto questo perché Tarczewski è senza dubbio il record-man di schiacciate dell’Olimpia nelle serie playoff, ma (tanto per rimanere negli almanacchi) non sta sfoderando le capacità intimidatorie di un Dino Meneghin; perché Burns, dopo un’ampia fetta di stagione a fare da spettatore non-pagante in panchina, si ritrova ad avere l’intensità di quelle pile che estrai dopo mesi e mesi dal cassetto per scoprire che si sono ormai scaricate prima ancora di essere chiamate a produrre energia; perché Brooks e Kuzminskas sono entrambi talenti cristallini, ma vanno spesso fuori giri quando il duello è tutto di atletismo. 

Con un’aggravante per la difesa Olimpia rispetto ai quarti: mentre la sfortuna ha portato i giocatori irpini a rompersi uno dopo l’altro durante gli assalti come guerrieri di argilla, i pirati dell’Isola (come dichiarato più volte dal loro stesso allenatore senza pre-tattiche) sono in perfetta salute e, come sempre accade, acquisiscono ancora più forza e sicurezza da ogni singola giocata. Il merito di Pozzecco è quello di averli convinti che possono giocarsela alla pari contro l’Armani (almeno contro questa versione) e il resto è conseguenza, così come il fatto che – aggredito con successo il colorato e aperta la scatola – arrivano qualche tripla (resa ancora più facile dalla serata magica di Gentile, che ne infila due fondamentali nell’ultima frazione) e un bel po’ di tiri liberi (14/17). Ma soprattutto arriva quella sicurezza per cui, mentre Pozzecco si perde lungo la linea a discutere con gli arbitri dopo un tecnico fischiato alla panchina, i suoi giocatori continuano “da soli” in difesa, con Polonara a recuperare il pallone per trasformarlo in contropiede nel gioco da tre che vale il 70-75 del 34° minuto, che lancia lo strappo decisivo (70-79 con Thomas e Pierre, mentre il coach va… da De Pol a chiedere verifica di un fischio a sfavore) nel punto a punto finale dopo il 60-60 della terza frazione.

Cosa può fare ora Milano? Tanto, perché tante sono le potenzialità del suo roster anche al netto degli infortuni. In particolare, oltre a ritrovare una maggiore intensità difensiva nel pitturato, deve riuscire a estrarre dal cilindro qualcosa di nuovo in un attacco che in stagione è troppe volte dipeso solo dall’estro di un singolo: quello di Mike James in tante serate di Eurolega come di Campionato (per lui 12 al rientro, con la rapidità ovviamente subordinata alle precauzioni del caso), quello di Nunnally nella serie con Avellino, quello di Micov (top-scorer con 16 punti e 7/11 al tiro) nella sconfitta di gara-1. Certo, se l’hai coltivata poco in precedenza, è difficile trovare una coralità offensiva proprio adesso, ma solo se li alimenti a rotazione, i tuoi tiratori diventano un’arma micidiale per ribaltare prima l’inerzia e poi la serie. Altrimenti quel pallone per tre o per quattro (James, Nunnally, Nedovic e Jerrells, escluso in gara-1 per turn-over da coach Pianigiani) è solo una bomba che può esploderti tra le mani. 

Paolo Corio
 


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