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Orgoglio newyorkese ed empatia toscana: un ritratto di Lou Carnesecca

di Redazione Pianetabasket.com

(di FRANCESCO RIVANO). Siamo nella Lunigiana del 1922: viti, terreni agricoli, bestiame e tante tante rocce. Alfredo è stanco di spaccare pietre anche perché di pietre ce ne sono in quantità e di qualità differenti, ma il suo talento non risiede nell’arte della scultura. Diciamo che è come se qualcuno avesse a disposizione una grande palestra, i migliori palloni da basket, senza essere però in grado di giocare a pallacanestro. “Senti cara Adele, questa vita non fa per me, molti italiani si stanno imbarcando per le Americhe e mi sono fatto convincere.” Alfredo tira fuori due biglietti per un transatlantico e la consorte, nonostante il forte attaccamento dei Pontremolesi alla loro terra e alle loro tradizioni, decide di seguirlo. Negli States la fatica non si riduce, anzi, forse nei cantieri newyorkesi la vita è ancora più dura che nella Toscana settentrionale, ma quando Adele finisce a lavorare in un negozio di alimentari a Harlem, lo spirito imprenditoriale messo in mostra da molti migranti italiani spinge Alfredo a investire e a rilevare il negozio. Eccolo l’American Dream, ecco l’opportunità offerta da un paese ricco di occasioni da cogliere. Ed ecco la serenità familiare che porta alla nascita di Luigi nel freddo Gennaio della Grande Mela del 1925.

Luigi frequenta le scuole e si appassiona agli sport a stelle strisce e ben presto diventa Lou. Fugge spesso preferendo due lanci in strada con la palla da baseball tra le mani alle faccende del negozio di famiglia, ma Lou non da problemi è un figlio ubbidiente e bravo a scuola. Arriva la Grande Depressione, gli Stati Uniti sono in ginocchio e molte famiglie sono ridotte alla fame, ma Alfredo e Adele resistono e anzi, aiutano chi è in difficoltà e da questa esperienza difficile Lou cattura il senso dell’altruismo e dell’empatia che segnerà per sempre il suo percorso di vita.

Il tempo corre veloce: dopo aver abbandonato gli studi per soddisfare le esigenze della patria arruolandosi nella Guardia Costiera e dopo aver sposato Mary, amica di infanzia per la quale ha sempre avuto una cotta, Lou torna a studiare e nel 1950 si laurea alla St. John’s University. È al college che nasce il secondo amore più grande dopo quello provato per Mary. Il basket inizia a farsi largo nella mente di Lou, gli entra sotto la pelle, lo contamina. Ben presto si rende conto di comprendere il gioco molto meglio della maggioranza delle persone con cui si rapporta. Ma c’è un piccolo grande ostacolo da superare, un po’ come per papà Alfredo con le pietre. Dispone della materia prima, ma non capisce bene come poterla plasmare in un prodotto finito. Eh si, perché Lou non ha né il fisico né le capacità tecniche per poter sfondare come giocatore di basket, ma a differenza del padre trova la via per poter sfruttare comunque la sua materia prima. Non posso giocare perché non sono in grado? E allora alleno!!!

Prima nella High School che ha frequentato, la rinomata St. Ann’s Academy e successivamente da assistente e poi coach di St. John’s University dal 1965 al 1992.
Immagino ora siate pronti a leggere l’elenco dei titoli vinti dai Johnnies sotto la guida di Lou. Sono spiacente; la lista non solo non è lunga, ma nemmeno comincia. Non è il suo palmarès a renderlo il grande allenatore che è stato, non è nemmeno la parentesi nella ABA negli anni settanta alla guida dei New York Nets con Rick Barry in campo. A rendere indimenticabile la carriera di Lou Carnesecca, oltre allo spiccato senso di umorismo e al discutibile gusto nella scelta dei maglioni, è la sua innata capacità di comprendere e insegnare il gioco come pochi altri. I numeri non sono utili a comprendere il contributo fornito da Lou al basket moderno, ma provate a chiedere a chi abbia assistito ai suoi clinic in giro per il mondo. In tanti, soprattutto in Italia, si sono abbeverati alla fonte della sapienza di Carnesecca e se oggi molte squadre e molti coach sono in grado di comprendere la zona pressing e l’aiuto difensivo, questo lo si deve solo a lui. Vivacità, capacità di imparare dalle sconfitte ed educazione sportiva sono stati i cardini di una carriera felice, longeva e maestra. La sua dote migliore però resta la grande abilità nel saper insegnare ciò che lui conosce alla perfezione. Lou non ha mai perso un occasione per gratificare un suo ragazzo in campo, nemmeno nelle difficoltà; Lou non hai mai lesinato consigli e dettagli in ogni discorso tenuto di fronte ai coach europei. Ricordate la lezione imparata durante la Grande Depressione? Altruismo e empatia elevati all’ennesima potenza e messi a disposizione di chiunque abbia incrociato la sua strada.

È notizia di pochi giorni fa la sua scomparsa e come nel basket la sua vita si è fermata a un passo da un traguardo importante. Come nel 1972 alla guida dei Nets sconfitto nella finale per il titolo dagli Indiana Pacers; come nella Final Four NCAA del 1985 eliminato a un passo dalla Finale da Georgetown guidata da un’altra leggenda del College Basket: John Thompson. La sua vita si è interrotta proprio a un passo, l’ultimo per arrivare al secolo di vita, ma in questi 99 anni, quasi 100, di vita Lou Carnesecca ha dato tutto se stesso per distinguersi, nella sua unicità, lungo il percorso di una vita illuminato dalla grande passione per il Basket.

Francesco Rivano nasce nel 1980 nel profondo Sud Sardegna e cresce a Carloforte, unico centro abitato dell'Isola di San Pietro. Laureato in Economia e Commercio presso l'Università degli Studi di Cagliari, fa ritorno nell'amata isola dove vive, lavora e coltiva la grande passione per la scrittura. Circondato dal mare e affascinato dallo sport è stato travolto improvvisamente dall'amore per il basket. Ha collaborato come redattore con alcune riviste on line che si occupano principalmente di basket NBA, esperienza che lo ha portato a maturare le competenze per redigere e pubblicare la sua prima opera: "Ricordi al canestro" legato alla storia del Basket. E da pochi mesi ha pubblicato la sua seconda, dal titolo "La via di fuga" Link per l'acquisto del libro.


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