ESCLUSIVA PB - Matteo Boniciolli: "Con i miei gladiatori Torino vi stupirà"
Matteo Boniciolli - che lo scorso 17 maggio ha preso le redini della Reale Mutua Basket Torino - ha rilasciato una lunga intervista a Emiliano Latino per PianetaBasket. Tanti i temi trattati, dal campo al pubblico e l'idea di un progetto di crescita da costruire insieme ai tifosi gialloblù. Si parte con una "chicca" di mercato che riguarda Cody Riley, colui che sembrava destinato ad essere il secondo USA nel roster. Boniciolli ha rivelato di aver firmato il giocatore, che è stato successivamente prelevato da un'altra squadra con tanto di un pagamento di buyout: "Per fare la squadra abbiamo parlato con tante agenzie, la scelta del primo americano è stata quasi subito, quella del secondo più lunga. Ma abbiamo fatto un piccolo capolavoro: abbiamo firmato Coby Riley, ormai un mese fa, con un buyout sapendo che forse andava in un'altra squadra. E sul suo contratto abbiamo praticamente guadagnato soldi senza averlo mai avuto".
Un mese e mezzo molto intenso per coach Boniciolli, non solo per la costruzione del roster. "Sono contento perché il presidente si è fidato e mi ha dato un coordinamento di tutta l'attività. Poi c'è stato il reclutamento di Giorgio Bottaro (nuovo DG), metterlo insieme con il proprietario. Poi ci sono stati i preparatori atletici, il ritiro. Arrivando già da una situazione abbastanza complicata a Scafati, è stato un mese e mezzo di lavoro da 16 ore al giorno, tra qualche allenamento con i nuovi acquisti e i ragazzini del camp".
Non solo coach, ma un ruolo ben più completo quello affidato dal patron David Avino a Matteo Boniciolli, al quale piace anche lavorare come un dirigente, oltre che allenatore. "Recentemente ho dovuto ricostruire la mia carriera per un'azienda farmaceutica per la quale ho fatto uno speech di team building. E ho scoperto di aver fatto 20 finali in carriera e aver vinto cinque titoli di "allenatore dell'anno". Quindi è stata una carriera che mi ha dato delle soddisfazioni importanti, anche se il lavoro più importante che credo di aver fatto nella mia vita è stato quando il sindaco di Trieste mi diede in mano la rinascita della Pallacanestro Trieste che era stata a un passo dalla retrocessione in Serie C. Mi venne dato in mano tutto, nel giro di qualche anno la squadra è tornata in Serie A, con l'allenatore scelto da me, i giocatori - Ruzzier, Tonut tra gli altri - scelti da me. Credo di saperlo fare. Per completare questo percorso a aprile/maggio dell'anno scorso ho fatto il corso per General Manager della Federazione, è un ruolo che mi piace e credo che prima o dopo qualcuno mi chiederà di svolgere. Lo faccio con passione".
Boniciolli vanta una lunga carriera di successi e enorme esperienza, e parlando del basket italiano ci propone il suo pensiero ben più allargato a Torino, che riguarda un po' tutti: "In tutti i posti e città in cui sono stato, e ormai sono tante, mi hanno detto: "Sai, questa è una città particolare, c'è negatività, nessuno si fida". Quindi è un atteggiamento generalizzato: l'essere diffidenti. Devo dire sinceramente, senza false modestie, che dopo l'esperienza in Russia - dove anche lì assieme a un valido GM abbiamo costruito la realtà di Astana, partita da zero e in due anni ai playoff della VTB League con io nominato "allenatore dell'anno" - ho potuto verificare ancora di più che in Italia c'è questo clima diffuso di sputtanamento generale a prescindere, alimentato da questa fogna che sono i social. Non va mai bene niente. Io parto da una posizione diversa: innanzitutto avere una squadra in Serie A, per un appassionato di pallacanestro, a casa sua, è un privilegio. Ti consente la domenica pomeriggio di andare a vedere pallacanestro. Credo questo sia già un privilegio. Dopodiché, l'esercizio del giudizio della critica è un esercizio, fino a che non cambieranno le cose in questo paese, consentito. La cosa che mi sorprende ma mi tocca il giusto è la critica ancora prima di vedere le persone scendere in campo. Questa è una cosa che ho difficoltà a capire. Spesso - non solo a Torino - ho visto dei proprietari criticati. Sarei contento di vedere le persone che li criticano mettere loro i soldi che mettono i proprietari. Criticare una persona che mette un milione di euro di tasca sua, o anche di più, e dargli anche del cog***ne, è un esercizio abbastanza semplice e soprattutto gratuito.
Ripeto, questo è un discorso generale che non vale solo per Torino. Non avete idea di quanti proprietari ho visto derisi dal pubblico che poi cercava biglietti omaggi per entrare al palazzo. Io cerco sempre di vedere quando possibile il bicchiere mezzo pieno, ovvero che a Torino c'è pallacanestro e un programma di lavoro perché abbiamo costruito una squadra con un senso. Un programma che va al di là di questa stagione. C'è la possibilità di vedere crescere giovani interessanti come Ladurner, Schina o Gallo. C'è la possibilità di vedere giocare due/tre veterani che abbiamo scelto come Montano, Severini, il ritorno di Landi. Ci sono due americani che secondo me hanno tutta la possibilità di fare bene. Quindi criticare ancora prima di aver visto in faccia i giocatori mi sembra un esercizio di uno che non ha niente di meglio da fare nella vita. Si può fare, ma non mi appartiene".
Si parla anche del tifo della Reale Mutua Basket Torino e della situazione delle curve.
"Mi è stata detta questa cosa che fa un po' sorridere. Arrivando da esperienze come quella della Fortitudo, una cosa è una curva di 2000 persone che incitano per 40' la squadra indipendentemente dal risultato ma... Vedevo i dati del bordereau, prima gara dei playoff con Trieste credo 800 paganti. Quindi vuol dire - senza essere critico nei confronti di nessuno - una curva da 60 e una da 30? Cosa devo dire? Di cosa stiamo parlando? Credo che tutti abbiano diritto di venire a tifare la propria squadra. C'è una cosa che mi è difficile da accettare nello sport italiano, quando i tifosi diventano protagonisti. Bisogna mettersi in testa una cosa: i protagonisti di questo sport sono i giocatori, e ci sono degli imprenditori disposti a pagarli per le loro prestazioni in campo. Dopo viene tutto il resto, a partire dall'allenatore, viene a supporto. L'allenatore è un supporto tecnico, il pubblico è un supporto emozionale. Ma non è che il pubblico o l'allenatore siano protagonisti. I giocatori lo sono. E mi spingo a dire che rispetto ad altri che pretendono un tifo a favore, di sostegno vocale a prescindere, ho sempre detto ai giocatori che ho allenato che siccome le cose nella vita vanno meritate, e che gratis si ha forse l'affetto dei propri genitori, le squadre devono meritarsi l'appoggio del pubblico che li viene a vedere. E credo anche che meglio giocano le squadre, più persone vengano a vederle. Ed è quello che speriamo di fare quest'anno, convincere con energie, entusiasmo, fisicità e talento tante persone a venire a palazzo a vedere pallacanestro".
Tra le conferme della Reale Mutua c'è Matteo Schina, chiamato a un altro passo in avanti in questa stagione.
"Faccio un passo indietro. Si è sempre sostenuto che l'asse sul quale vengono costruite le squadre sia quello play/pivot. Noi abbiamo fatto una scelta condivisa, perché ogni passo l'ho condiviso con la proprietà. In una stagione nella quale molte squadre, in quello che è stato definito il campionato di A2 più difficile di sempre, hanno puntato su veterani di lungo corso, noi abbiamo una coppia play/pivot formata da Schina del 2001 e Ladurner del 2000. Perché abbiamo deciso di dare a questa stagione di Torino una prospettiva più ampia dei dieci mesi di durata del campionato. Tranne gli americani, gli altri giocatori hanno contratti biennali. Vogliamo che questa stagione sia un investimento. Tornando a Matteo Schina, ha incominciato a giocare in A con me perché a 19 anni faceva 20' a partita in una squadra che ha disputato le finali di Coppa Italia e finale promozione, e lo faceva da uomo di rottura dalla panchina dandoci una solidità assolutamente fuori dalla norma per la sua età. Io di Matteo Schina mi ricordo un episodio in particolare. Giochiamo una partita a Trapani, siamo sotto di 9 a qualcosa come un minuto dalla fine. Rubiamo due palloni, andiamo a -2, Spizzichini fa una rimessa, Matteo ruba la palla ed è solo verso il canestro. Un ragazzo ingenuo va a segnare da sotto e manda la partita al supplementare. Lui sente e vede con la coda dell'occhio Dominique Johnson, tiratore clamoroso che gli stava correndo accanto, solo anche lui. Matteo si ferma, la passa all'indietro a Johnson - per il quale un tiro da tre aperto era come per me un sottomano - segna e vinciamo la partita. Qual è il passo in avanti che deve fare? Fino all'anno scorso è stato accompagnato nella sua crescita da play di livello come Giuri a Udine, Vencato a Torino. Ma a 23 anni, età alla quale Doncic era stufo di vincere l'EuroLega, mi sembra giusto che un playmaker italiano abbia la titolarità in una società ambiziosa come Torino".
Kevion Taylor è stato il primo dei due stranieri ad essere firmato, già ormai oltre un mese fa. Arriva dalla Slovacchia, coach Boniciolli ci ha visto qualcosa di davvero speciale...
"Anzitutto, senza dargli etichette, quando l'ho visto mi hanno colpito le stesse qualità che mi avevano colpito di Devin Smith quando lo firmai a Avellino. Un'essenzialità nel gioco incredibile. Anche a Avellino avevo un ruolo allargato rispetto a quello di coach. Non da GM, ma della pallacanestro mi occupavo io. A luglio inoltrato mi arrivano i video di questo ragazzo che a me sembra un giocatore clamoroso, come poi si è dimostrato, chiamo il suo agente Dario Santrolli e gli chiedo come sia possibile che a metà luglio un giocatore del genere sia ancora senza squadra. E Dario mi risponde: "Matteo, ci sono due problemi. Il primo è tecnico, nel mercato italiano viene considerato troppo lento per giocare da tre e troppo piccolo per giocare da quattro. E in più è appena retrocesso dalla ACB alla LEB Gold con la sua squadra in Spagna". Io gli dissi che l'avrei firmato, lo prendemmo per 80mila dollari e l'anno dopo firmò al Fenerbahce per 800mila dollari. Passando attraverso la vittoria della Coppa Italia, il titolo di MVP delle finali di Coppa Italia, e il terzo posto in campionato che ci permise di qualificare Avellino in EuroLega. Le caratteristiche che ho visto in Kevion sono simili: giocatore di grande essenzialità come detto, che non spreca una dose di energia se non per fare una cosa utile, che però tira da tre quasi con il 40%. Finire la stagione in Slovacchia con questi numeri non è semplice. Gioca il post basso benissimo. Gli ho parlato diverse volte, aveva dei dubbi perché voleva giocare la Summer League. Gli ho detto non potevamo aspettare e che se voleva sapere come fossi come allenatore, avrebbe potuto chiamare Keith Langford che ho avuto a Bologna e in un video pubblicamente prodotto dall'Olimpia Milano mi ha ringraziato per essere stato l'allenatore che ha cambiato la traiettoria della sua carriera, cosa che è successa a molti. Siamo rimasti in contatto con Keith, e lui lo conosceva. Gli ho detto di chiamarlo. L'ha fatto, un quarto d'ora dopo Kevion Taylor mi ha chiamato e ha deciso.
Lo faremo giocare da guardia e non da ala piccola, ruolo che ha interpretato in Europa prevalentemente. Difensivamente può marcare tre ruoli. La cosa che mi ha colpito di lui, e io vado molto a sensazione, è stata una partita del campionato slovacco in cui la partita era punto a punto, tutti pensavano che avrebbe tirato lui, e invece è stato raddoppiato e l'ha passata. Tutti gli allenatori con cui ho parlato, mi hanno descritto un ragazzo di grande intelligenza. Mi sta mandando dei video dall'America degli allenamenti che sta facendo per adattarsi al ruolo di guardia, per sapere se vanno bene, continuare o cambiare. Mi chiede informazioni sulla squadra. Credo che da guardia, 195cm e 100kg, con queste statistiche e già due anni in Europa, possa essere un protagonista importante. Fermo restando che Nello Longobardi, presidente di Scafati e una delle persone che più ne capisce di pallacanestro tra quelle che ho incontrato nella mia carriera, mi ha detto: "Sai qual è la cosa che mi ha più colpito delle tue squadre di A2? Che le hai sempre costruite pensando alla Serie A. Nel senso che erano squadre clamorosamente più grandi nella categoria". Ed è quello che ho fatto a Torino: abbiamo preso tre giocatori tra i 190cm e sotto e sette armadi. Soprattutto arrivando ai playoff, spero e credo che ci arriveremo, la fisicità sarà fondamentale. Anche quest'anno ho usato questo criterio e una guardia di 196cm che tira da tre con queste percentuali, spero e mi auguro possa essere stata una scelta che ci premierà".
Il ritorno a Torino di Aristide Landi.
"Ormai la pallacanestro contemporanea è una pallacanestro di spazi. Schina, Gallo, Montano, Severini, Taylor, Ajayi tirano tutti da tre punti. E anche Landi. Solo Seck e Ladurner non tirano da tre. Abbiamo potenzialmente otto giocatori che tirano da tre. Io sono sempre molto chiaro: ad Aristide ho detto che sarebbe partito dalla panchina perché Ladurner farà il titolare, e lui mi ha dato grande disponibilità. E questa è una cosa importante. Credo che in certi momenti di qualche partita giocheremo con lui e Ajayi insieme, entrambi tiratori da tre, più tre piccoli. Così avremo in campo cinque giocatori che possono tirare da tre. Questi sono ragionamenti che si fanno su carta, non ho la pretesa di possedere la verità, può darsi la stagione mi smentisca. Ma Landi ha il corpo per difendere anche un cinque, con Ajayi avremo due giocatori che potranno giocare pick and pop. E questo nella pallacanestro moderna, creando spazi, è previsto".
Sul capitano, deciderà la squadra.
"Non lo so, lo sceglierà la squadra. Non ho idea. Le dinamiche di un gruppo sono sempre a se stanti. Emergerà dalle prime settimane di lavoro".
Gli obiettivi della stagione e l'introduzione del play-in
"Sarò sincero: l'unica squadra che mi piace come la mia è Brindisi, che ha fatto un lavoro straordinario. Oltre a reclutare veterani importanti, hanno preso giocatori come Fantoma o Calzavara. Parlando di obiettivi, io sposterei l'attenzione su un'altra cosa: il primo è arrivare come squadra alla fine della stagione molto più migliorata di come partiamo. La formula è cambiata, ho difficoltà a capire l'introduzione dei play-in. Non ci sono diritti televisivi tali da giustificarli. Una squadra che balla tra il sesto e settimo posto per tutta la stagione, dimostra di meritarsi quel posto la, perde due partite di fila perché ha un infortunio o gli avversari vincono con tiri da metà campo all'ultimo secondo, si ritrova ottava a giocare una partita secca con la tredicesima. Onestamente non credo che i play-in premino il merito. Anche l'ingresso nei playoff sarà pertanto difficile. Ma non solo per noi, per tutti. Ci sono squadre che hanno investito il doppio di quello che abbiamo investito noi e mettono in conto la possibilità di non salire. Perché in Serie A ci andranno in due su venti. L'obiettivo è quindi verificare alla fine se ci sono stati dei miglioramenti, in base anche ai nostri risultati ovviamente. Se arriveremo ai playoff, l'unica cosa che conterà è stare bene fisicamente perché sono un altro sport. Ma ripeto: l'obiettivo vero è misurare i miglioramenti fatti rispetto ai punti di partenza. In base ai miglioramenti capire in che posizione concluderemo".
Il programma di lavoro
"Arrivo a Torino il 10 agosto, abbiamo una riunione di staff. Il 12 faremo il primo allenamento. La prima settimana la facciamo a Torino, poi una settimana di ritiro a Bielmonte a Biella. Gli allenamenti della squadra saranno a porte chiuse durante la stagione. Un giorno alla settimana ci sarà libero accesso al pubblico. Non per un discorso di segretezza, ma perché devo avere la possibilità di intervenire duramente su un giocatore senza alcun estraneo. La reazione di un giocatore rimproverato in una palestra vuota è di un certo tipo, di fronte al pubblico è di un altro tipo. Per risolvere l'annoso problema della disponibilità del PalaRuffini, so che l'anno scorso spesso Franco Ciani si lamentava di questo, la squadra si allenerà il lunedì con quelli che hanno giocato meno la domenica, e dal martedì al venerdì la mattina dalle 10 alle 13 con tutta la squadra in una palestra che adesso stiamo individuando, probabilmente San Mauro. In un impianto che sarà casa nostra. Mentre gli allenamenti individuali saranno il pomeriggio dove capita. Di fatto al PalaRuffini ci alleneremo il sabato in trasferta e la domenica in casa. In settimana sarà sempre lì a San Mauro, che sarà la nostra "casa". Non vogliamo avere la squadra itinerante: la squadra avrà una casa. Ho risolto così questa situazione. Non è solo una questione di logistica, ma anche un fatto di prevenzione. Cambiare frequentemente il parquet non è un bene per i giocatori. E ripeto: ci alleneremo a porte chiuse".
Accendere l'entusiasmo dei tifosi.
"L'arrivo di Giorgio Bottaro, che ho "spinto" - tra virgolette perché è come spingere Maradona a giocare a calcio, perché è adatto e abituato, avendolo già fatto in passato, a lavorare in grandi città - è molto importante anche per questo. So che a Torino c'è passione per la pallacanestro, c'è il ricordo della grande Auxilium di Guerrieri. Credo che se saremo nelle condizioni di offrire uno spettacolo sportivo adeguato, delle belle facce di gente che si sbatte, si butta per terra per recuperare una palla vagante, che difende come bestie e che dà la sensazione di essere parte di un piccolo programma di crescita di cui tutti fanno parte. Dipende molto da noi, credo che se saremo bravi a sufficienza a veicolare una bella pallacanestro ho difficoltà a pensare che le persone non verranno".