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Serve competenza per battere l'autorefenzialità nel basket italiano

di Redazione Pianetabasket.com
Fonte: La Provincia di Cremona

(di Giorgio Gandolfi). Una premessa iniziale: quanto scriviamo in questo e nei prossimi articoli è dettato solamente dalla enorme passione per il basket, che vorremmo vedere gestito in modo professionale, per ridiventare veramente il secondo sport in Italia. Per una volta facciamo una sana autocritica: il volley, sia maschile, che femminile, a livello di club e di nazionale, ci sta surclassando, sia come risultati, che nella tv in chiaro, ma anche sui media sportivi. Tutti questi pensieri sparsi di seguito non vogliono assolutamente essere critiche distruttive, ma costruttive... anche se so bene che la capacità di autocritica non è prevista, in generale, in Italia.

Autoreferenzialità. Questa la definizione: 'Chi fa riferimento esclusivamente a sè stesso, trascurando o perdendo ogni rapporto con la realtà esterna e la complessità dei problemi che la caratterizzano'. È un tipico aspetto italiano che si manifesta in vari ambiti e non poteva non manifestarsi anche, nel nostro caso, nel basket. È emblematico un episodio accaduto in occasione di un evento a livello nazionale in cui un esperto di marketing, sentito il nome di un famoso sport marketer americano, esclamò: "Ma basta con questo personaggio, chi sarà mai", beh questo personaggio è considerato tra i top sport marketer al mondo e viene chiamato a parlare in varie nazioni del mondo, dall'Europa alla Cina e, ultimamente in India. Di Leonardo da Vinci ne nascono pochi, ma sono altrettanto geni quelli non che copiano tutto, ma le idee adattabili al proprio contesto.

Dirigenti. Partendo da questo presupposto, ci chiediamo: quanti dirigenti e manager di sport marketing, comunicazione e digitale delle nostre società sono mai andati all'estero, a studiare e in seguito applicare, ripeto, sempre nel contesto in cui operano, quanto appreso per migliorare se stessi e la società in cui sono attivi? Si va negli Stati Uniti per visionare giocatori, ma non per apprendere come migliorare la società al di fuori del campo di gioco, visto che gli Stati Uniti sono il massimo nella gestione di un club. Dimenticavo un inciso importante. Quanto le società investono sui responsabili marketing, comunicazione e digitale? Briciole del budget, perché prima viene la squadra e il campionato, e in seguito il resto. Mentre dovrebbe essere il contrario, prima si costruisce una società solida, con professionisti, ripeto professionisti, nei posti giusti.

Nel primo numero della rivista digitale che dirigo, Easl Journal, pubblicazione dell'East Asia Super League, una sorta di Eurolega asiatica con squadre di Cina, Giappone, Corea e Filippine e supportata dalla Fiba, in un'intervista che ho fatto a un giornalista coreano, mi è stato confermato nuovamente come suggerimenti ed idee si possono mutuare da chiunque. Ecco un esempio: da 16 anni la squadra dei Seul SK Knights invita studenti universitari a lavorare, nel senso vero e proprio, non un semplice stage, in vari ambiti, dal marketing alla comunicazione agli eventi e questa iniziativa ha creato nuovi responsabili marketing, di comunicazione e giornalisti di basket non solo per questa squadra, ma anche per altre squadre coreane. Non ci sono dirigenti in vari campi? Creiamoli, non prendiamo persone senza la conoscenza. Come sottolinea sempre un grande dirigente Nba, Chris D'Orso da 32 anni agli Orlando Magic. "Non puoi controllare i risultati sul campo, ma quelli societari sì: la società deve sempre vincere, indipendentemente dalla stagione sportiva."

(Giorgio Gandolfi).


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