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La NCAA si sta divorando i talenti della pallacanestro giovanile del mondo

di Umberto De Santis

Sembra passato un secolo, ma non troppi anni fa non c'erano internet, cellulari, social. E i giocatori NBA non potevano giocare tornei FIBA ​​perché quei tornei erano riservati a giocatori dilettanti. D'altra parte così chiamava se stessa la FIBA (Fédération Internationale de Basketball Amateur). Poi ci furono i Mondiali del 1990 in Argentina: Jugoslavia prima sull'URSS, Stati Uniti solo terzi, Toni Kukoc MVP del torneo e Oscar Schmidt miglior realizzatore con 34,6 di media. E poi, e poi il Dream Team... e anche nella pallacanestro è arrivata la rivoluzione che ha segnato tanti cambiamenti. L'ultimo dei quali ha preso il via nel 2014 quando la FIBA ha rivoluzionato i suoi calendari - fino a quel momento solo l'estate era il suo regno e le altre tre stagioni erano dedicate ai campionati nazionali e continentali per club.

Professionisti statunitensi alle Olimpiadi, professionisti europei nella NBA e la pallacanestro è salita di livello nella considerazione del grande pubblico mondiale con tutto quello che ne consegue. L'ultimo baluardo della tradizione, sempre più attaccato dai cambiamenti sociali ed economici, come può essere anche la nuova legge sul lavoro sportivo varata in Italia, è stato il mondo del dilettantismo. Ragazzi vincolati con il cartellino ai voleri delle società, zero soldi, addirittura da noi una federazione che lucra sugli ingaggi con le quote NAS. Negli Stati Uniti la NCAA ha dettato le regole fino al 2021, gestendo miliardi di dollari, dividendo le mastodontiche entrate tra le università stesse e i membri dello staff tecnico e medico delle squadre. Gli allenatori più rispettati guadagnano tanto o più dei migliori della NBA. Ragazzi, zero dollari. Con eccezioni molto onorevoli che, all'epoca, erano viste come simboli di corruzione, come i famigerati casi di Jerry Tarkanian e UNLV e altri. O i "regali" che ricevevano i parenti dei giocatori per condizionare la scelta dell'università. E' finita un'epoca ma senza interventi per la pallacanestro italiana ed europea sarà sempre peggio se a comandare diventano solo ed esclusivamente i soldi.

Nel 2021, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha stabilito che la NCAA non ha il potere di impedire pagamenti agli studenti per motivi diversi dallo studio. Dal 1° luglio dello stesso anno è nato il NIL (acronimo per Name, Image and Likeness ovvero nome, immagine e somiglianza), attraverso il quale gli atleti (o gli studenti in generale, appunto) possono ricevere denaro per lo sfruttamento proprio di quelle tre possibilità. Un fiume di denaro che sta travolgendo tutta l'organizzazione delle società giovanili come gli esempi estivi ci stanno raccontando.  

Negli USA le gemelle Haley e Hanna Cavinder, 21 anni, hanno fatturato nel primo anno quattro volte lo stipendio di Diana Taurasi, e non hanno ancora messo piede nella WNBA. Aday Mara, Izan Almansa, Baba Miller e lo sloveno Jan Vide stanno lasciando le cantere spagnole per volare in NCAA. Aday Mara va a UCLA e riceverà dai 500 ai 600.000 dollari a stagione per lo sfruttamento del NIL. Mezzo milione di dollari. Mentre in Spagna, lui, come gli altri ragazzi citati, avevano contratti junior (non professionisti) da 800-1000 euro al mese, ma con clausole di uscita enormi (Joel Parra, ad esempio, un milione per passare da Joventut al Barcellona) unico baluardo per i club, facilmente contestabile in tribunale vista la mancanza di proporzione tra stipendio e penale. Ma c'è un sottobosco di 17enni che per una borsa di studio e 50.000 dollari di NIL sono incoraggiati a tentare l'avventura americana e a sopportare i disagi di adattamento scolastico, ambientamento in sistema molto competitivo, lingua e abitudini diverse.

Tutte le società che si occupano di giovanili che hanno tra le mani un talento di un certo livello tremano oggi. D'altra parte la NCAA è un contenitore senza limiti: la Division I è composta da 363 squadre, oltre 4.000 giocatori e hanno una potenza di fuoco economica alla quale non si può rispondere. Oltretutto dobbiamo anche ammettere che le Università americane sono quanto di meglio possa desiderare un giovane che voglia accrescere il proprio talento. Se guardiamo alla piccola Italia dobbiamo ammettere che dalle giovanili dell'Olimpia Milano non è uscito un solo giocatore di serie A. E non sappiamo dirvi se Matteo Spagnolo oggi rifirmerebbe per il Real Madrid piuttosto che per una università a stelle e strisce. 

Morale della favola: se dopo il 2014 la NBA ha cominciato l'escalation che oggi la porta a controllare e condizionare i movimenti di tutti i più importanti giocatori del mondo dopo aver occupato le date disponibili sul calendario e strappato lucrosi contratti televisivi, dal 2022 gli Stati Uniti hanno preso il controllo sempre più stringente del mercato mondiale dei giovani talenti del mondo, quasi senza rivali. Hanno i soldi, hanno tutti i talenti e noi stiamo a guardarli. In Italia la FIP ha risposto sostituendo la C Gold con la B Interregionale, e promuovendo (sempre che il prossimo Consiglio Federale non si illumini meglio) il coach della Nazionale Pozzecco a supervisore dell'attività delle giovanili azzurre. Nella nostra sfera di cristallo temiamo nel giro di qualche anno un caso Banchero al contrario: un ragazzo che fa la valigia, va nell'Università USA, diventa numero #1 a un draft e prende il passaporto degli Stati Uniti. Fantabasket? Si disse questo quando Mirotic, montenegrino, prese la cittadinanza spagnola....


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