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La differenza tra i signori della NBA e gli indebitati della Superlega

di Umberto De Santis
PianetaBasket.com

Il quartetto delle partecipanti alle finali di Conference del campionato 2020-21 (Hawks e Bucks, Suns e Clippers) non ha mai vinto un titolo dal 1976-77, stagione in cui ci fu la fusione tra NBA e ABA. 

Addirittura il lotto delle semifinali di Conference vedeva, nello stesso arco di tempo preso in considerazione, una sola franchigia vincitrice di un titolo NBA: la Philadelphia (1982-83) che con i Jazz divide anche il record di prime squadre in testa alla fine della regular season che non arrivano in finale dopo 27 anni dall'ultima volta.

Eppure nessuno negli Stati Uniti si sognerebbe di gridare allo scandalo perché non avremo nè Knicks nè Lakers  - i due mercati più grandi - e nemmeno di farci credere allo svilimento dello spettacolo perché non ci sono le formazioni più blasonate a contendersi la vittoria finale.

Critichiamo tanto la cultura sportiva USA, il suo gigantismo e l'attenzione spasmodica agli aspetti finanziari, ma dobbiamo riconoscere che a tutti è riconosciuta la chance di poter provare a vincere e c'è una sportività diffusa e una sana competizione

Dall'altra parte dell'oceano Atlantico invece abbiamo assistito alla sbocciatura dell'emerocallide della Superlega. Un pugno di ricconi che ritengono di avere il diritto divino di costituire un Bildenberg Club del pallone per drenare a loro favore tutte le risorse pubblicitarie disponibili e sanare bilanci che non farebbero dormire la notte qualsiasi ragioniere di provincia.

Dopo aver vinto, se ci sono riusciti, truccando i bilanci. Altro che sport più bello, più spettacolare, più avanti con i tempi!


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