Siena campione, ma adesso cambiamo qualcosa

Siena campione, ma adesso cambiamo qualcosa
© foto di Foto Alessio De Marco

(Mario Arceri) - Siena ha vinto a Roma, l'Acea non ha ritrovato il miglior Goss perdendo per strada anche Jones, e la partita per lo scudetto si è chiusa rapidamente, in soli cinque set. Hai voglia a dire che Roma ha fatto fin troppo, che Siena aveva la panchina più lunga (ma anche 26 partite in più sul groppone), che la squadra di Calvani avrebbe meritato un maggiore rispetto: sta di fatto che quando, ancorché in maniera inattesa, arrivi a giocarti fino in fondo uno scudetto, cerchi di vincerlo impegnandoti al massimo delle tue forze e confidando di dover lottare solo contro l'avversaria sul campo. Comprensibile dunque la delusione collettiva, e in alcuni anche la rabbia, per l'epilogo di una stagione per tanti versi indimenticabile e irripetibile.

Almeno si spera (che sia irripetibile): una follia i 21 turni di play off, a meno di allungarne i tempi per consentire un minimo di riposo in più agli atleti ma anche per allentare la tensione...tra i tifosi e nel parterre, un errore - a livello arbitrale - mantenere il sorteggio puro anche per le finali e tra un numero ridottissimo di arbitri.

Qualcuno ha osservato che i giocatori in campo sono sempre gli stessi, per cui è giusto che anche gli arbitri rimangano gli stessi o quasi (difatti per l'ultima tranche di tre potenziali partite, dopo le polemiche di gara 1, era stato escluso Cicoria ripescando Lamonica): il confronto non è esatto perché gli arbitri hanno il compito di giudicare, lo assolvono nel modo migliore e a loro avviso sempre il più giusto e corretto, tuttavia possono determinare situazioni che, per errori precedenti o per… incompatibilità ambientali, ne sconsigliano la designazione su alcuni campi oppure, attraverso il sorteggio, finiscono per fischiare sempre nelle medesime condizioni (sempre fuori casa o sempre in casa della stessa società).

Se il sorteggio ha funzionato bene nella stagione regolare, suggerendo anzi di rappresentare uno dei motivi dell'apprezzabile equilibrio del campionato (andrebbe addirittura reso pubblico, come nel calcio, se ancora non lo è), nei play off, e in particolare nella serie finale, sarebbe meglio affidarsi nelle designazioni non all'aleatorietà della sorte, ma a parametri ben precisi di qualità tecnica e di capacità decisionale in modo di presentare per ogni gara la terna migliore, più affiatata e affidabile, la meno attaccabile per precedenti, consentendo agli stessi arbitri una serenità ben maggiore. Tra l'altro, la sensazione avuta è che la stagione sia stata massacrante anche per loro, per numero di partite dirette e per la loro frequenza nelle ultime settimane: sono temi che dovrebbero essere approfonditi e valutati correttamente prima di ripetere - se questa è la volontà delle società - la stessa esperienza organizzativa di quest'anno.

Siena ha vinto il suo settimo scudetto di fila e francamente non era stato troppo difficile metterla in cima alla lista delle favorite ad inizio stagione nonostante il ridimensionamento, l'addio di Pianigiani e il brutto ko in Supercoppa a Rimini. Il suo spessore si era già visto nella final eight di Coppa Italia; andando avanti, dopo essersi leccata le ferite della caduta verticale nella Top 16 di Eurolega, ha ripreso a macinare gioco e avversarie: Milano, Varese e infine Roma, le tre avversarie più difficili che avrebbe potuto incontrare. Ha vinto lo scudetto partendo in quinta fila, una collocazione che più di una volta ha rappresentato il trampolino di lancio migliore verso lo scudetto. Ha promosso definitivamente Daniel Hackett tra i grandi protagonisti del basket italiano. Ha consentito a Luca Banchi di confermare e di vedersi finalmente riconoscere nel modo più esplicito le grandissime qualità tecniche che del resto ha dimostrato fin dai tempi di Livorno.

Roma potrebbe e dovrebbe accendere ceri votivi per essersi arrampicata così in alto dopo aver rischiato di scomparire (e speriamo che ci venga evitata un'altra estate come quella passata). Lo ha compreso anche il suo pubblico che ha seguito la squadra, i suoi campioni, il suo allenatore, con grande affetto, partecipazione, entusiasmo: deluso sì per il triste epilogo della stagione, ma orgoglioso di aver ritrovato una squadra vincente, ma soprattutto ricca di orgoglio, di carattere, di spirito di gruppo, di senso di appartenenza, di legame con il territorio.

Bisogna ora vedere cosa accadrà. Dicono che Banchi sia già a Milano, e quindi Siena dovrà cercarsi un altro coach, dicono anche che Marco Calvani non resterà a Roma nonostante l'autentica impresa che è riuscito a realizzare. Se ne andrà Datome in cerca altrove di vera gloria e di qualche (meritatissimo) euro in più, e sicuramente anche Lawal, viste le pretese per rinnovare il contratto. Altri non verranno sicuramente confermati, ma il problema più serio è come Claudio Toti saprà metabolizzare un risultato che da un lato è fantastico, dall'altro è stato penalizzato da fattori esterni.

La logica gli suggerirebbe di capitalizzare quanto di buono (coach, giocatori, spinta emotiva, nuovo appassionato rapporto con i tifosi) ha raccolto in questa inattesa stagione, ma il cuore è ancora infiammato dai molti torti che ritiene di aver subìto. E' quasi certa la rinuncia all'Eurolega: se dovesse arrivare un nuovo ridimensionamento il colpo per il basket romano sarebbe esiziale. Ma è anche vero che, dopo cinque anni di sostanziale assenza dell'amministrazione comunale, anche il nuovo sindaco non ha ritenuto opportuno affacciarsi al Palazzetto per prendere atto della qualità di Roma nel secondo sport per importanza in Italia.

Credo che molti preferirebbero da parte del primo cittadino un minimo di interesse, che peraltro ancora non traspare, per lo sport della sua città che, è bene ricordarlo, significa risorse e posti di lavoro, oltre a rappresentare una componente sempre più importante della vita sociale, economica e della salute pubblica. Del resto, rimanendo al Palazzetto dello Sport, Toti ha voluto stringere la squadra nell'ambito più angusto: forse - visto come è finita - sarebbe stato meglio andare al PalaEur dimostrando con numeri ben più ampi su quale coinvolgimento popolare il basket e la Virtus Roma sono tornati a contare, gettando ponti più credibili verso eventuali nuovi investitori.

Le ultime vicende dei play off hanno messo anche in evidenza le difficoltà della giustizia sportiva e la conseguente necessità di riscrivere alcune norme e di rimodulare il meccanismo delle pene, in alcuni casi sproporzionate rispetto all'effettiva entità del reato, in altri mal rapportate, in altri ancora addirittura non previste.

Con l'estate spuntano anche le Nazionali. Quella femminile di Ricchini ha strappato in maniera rocambolesca la qualificazione per la seconda fase dell'Europeo eliminando la Russia campione uscente pur perdendo di sei punti (la maschile in questo modo arrivò a vincere l'argento ai Giochi di Mosca…), ma ha poi preso legnate dalla Turchia. Quella maschile sperimentale di Dalmonte, ai Giochi del Mediterraneo, ha perso addirittura di 25 punti con la Tunisia e domani giocherà per il quinto posto.

In Europa, nel sottolineare con affetto l'ingresso di Aldo Vitale nella Hall of Fame della Fiba, un premio più che meritato per la splendida carriera del dirigente romano, debbo anche esprimere il cordoglio per la scomparsa improvvisa, a Ginevra, di Olafur Rafnsson, appena cinquant'anni, da tre presidente di Fiba Europe. Islandese, già presidente del comitato olimpico del suo paese, aveva imposto in Fiba, dopo anni di tensione e di gestione spesso criticata per eccesso di personalismo, un profilo più sereno e produttivo.