Tutto il "Mal essere" della pallacanestro italiana è spaventoso

Tutto il "Mal essere" della pallacanestro italiana è spaventoso

(di Eduardo Lubrano). Costretto ad una insolita immobilità, da qualche mese ho avuto modo di guardare le vicende della nostra pallacanestro con un occhio più distaccato: non avendo la fretta – soprattutto la forza – di scrivere subito dopo un evento o una partita, tutto appare o così speravo, sotto una luce diversa.

Invece il mal essere, scritto proprio così che è diverso concettualmente da malessere, del nostro sport lungo la penisola è spaventoso e si avverte da quelle piccole cose che quando sei dentro al lavoro possono sfuggirti. Dall'ultima incredibile polemica su Facebook su Mino Taveri, prossimo telecronista di EuroLeague per le nostre squadre. Dico subito che apprezzo molto Taveri perché ne conosco passione e competenza, così come apprezzo Flavio Tranquillo  - ma nessuno dei suoi cloni che tentano di imitarlo nel tono di voce, nelle espressioni, nelle pause, nel modo di respirare e persino di usare le stesse espressioni facciali – e mi piace moltissimo Geri De Rosa. Ma detto questo che sono i miei gusti personalissimi, gli insulti mai, non vanno bene, le denigrazioni, le pesanti prese in giro meno che mai. 

Oltretutto da persone che per loro stessa ammissione non hanno mai sentito Taveri e non sanno qual è il suo passato con la pallacanestro. Qualcuno potrebbe obiettare che queste sono cose tipiche di Facebook ed è vero ma solo in parte. Queste prese di posizione fanatiche fanno malissimo al nostro sport che già vive di un mal essere insopportabile ed al quale anche questi isterismi fanno danni gravissimi.  Tutti esperti di giornalismo e peggio ancora di telecronache. Bah…

Ho voluto cominciare con questo episodio perché mi pare lo specchio di un movimento ormai allo sfascio completo. Le partite in chiaro? Su 9 e DMax. Una volta alle 18 una volta alle 17.35 per adesso. Cioè nessuna certezza. Oltre al teatrino durato tutta l’estate per trovare qualche televisione che si prendesse questo peso.

Peso? Sì. La partita fra Reggio Emilia e Derthona Basket è iniziata su DMax alle 17.35, prima c’era il programma “Vado a vivere nel bosco”, poi la pubblicità ed infine la pallacanestro. Zero prepartita – il che potrebbe anche non essere un male - chiusura del collegamento immediata appena partita la sirena dei 40 minuti o pochissimo dopo. Il che vuol dire che a nessuno interessa dare altri minuti ad uno sport di nicchia che più nicchia non si può.

Nicchia? Già, parliamo della partenza della stagione femminile di serie A1. La Supercoppa si è giocata di martedì e mercoledì ad Alghero in un palazzetto/palestra. L’Opening Day si è giocato nel fine settimana successivo a Cagliari in un palazzetto/palestra. Senza tv ovviamente se non LBF TV che è in streaming che regala sempre grandi momenti di buco, di punteggio che non è aggiornato, di minutaggio che non è in sincronia con quello reale ed altre amenità varie (che valgono anche per il canale YouTube della Fiba sia chiaro) che dopo anni di messa in onda si suppone siano state messe a posto, visto che si paga (non la Supercoppa e l’Opening Day e nemmeno YouTube): temo connubi con quelli di DAZN che pur sommersi di critiche e male parole di ogni genere fanno finta di non sentire.

Sentire? Nessuno in Federazione o nelle Leghe sente le voci di protesta, le critiche. O meglio le sentono ma non ascoltano e le trasformano in qualche caso in uno strumento di vendetta, levando dalla mailing list, non invitando alle occasioni importanti, negando risposte e via dicendo. Poco male si vive e si lavora anche senza perché le cose si vengono a sapere lo stesso se uno ha una rete di amicizie o di confidenti. Vendettine che fanno anche molti club come se fossimo ancora nell’Ancien Régime. Tutto molto triste.

Triste? Sì, il fatto che nemmeno quando abbiamo avuto giocatori spendibili come riconoscibilità o giocatrici anche belle come quelle di altri sport, siamo (siamo come movimento intendo) riusciti a farne testimonial di una pubblicità, di un evento, di una cosa importante a livello nazionale. Tranne quella nicchia di appassionati, chi conosce i giocatori e le giocatrici della Nazionale? Non voglio fare il solito paragone con la pallavolo perché sarebbe impietoso ma è drammaticamente vero. La pallavolo non vince perché fa pubblicità ma i suoi testimonial, la sua costante presenza sulle reti in chiaro, la Rai, sempre il sabato sera e la domenica pomeriggio, A1 femminile ed A1 maschile da anni, hanno fatto sì che la gente, le ragazzine ed i ragazzini vedessero la pallavolo e se ne innamorassero, affollando le società - oltre al lavoro porta a porta e nelle scuole della Federazione -  e poi i raduni delle Nazionali da dove gli allenatori hanno scelto e scelgono i migliori anche a un punto di vista fisico-atletico. 

La pallacanestro è giocata da poche persone (20 o 25 mila donne), le partite del campionato e delle Nazionali sono nascoste alla grande massa ed in più nessuno fa niente per dare notizia che in Italia si gioca a pallacanestro. Perché ragazze e ragazzi dovrebbero venire in palestra a tirare la palla a spicchi? Naturalmente i numeri ufficiali che vengono raccontati in modo diversi, sono esaltati e dai palazzi del potere si cerca di dare la sensazione che va tutto bene “anche se in effetti qualcosa da rivedere ci sarebbe…”.  Vogliamo parlare del flop della Supercoppa maschile con cinquemila persone in due giorni di gare a Brescia o sorvoliamo? Sorvoliamo.

Perchè la necessità che abbiamo è quella di costruire un prodotto pallacanestro italiana che sia credibile e spendibile: gli highlights della serie A sono fatti male secondo me ma soprattutto non li vede nessuno mentre dovrebbero essere offerti gratis a tutte le testate televisive ed online. La promozione oggi è un elemento imprescindibile ma prima bisogna avere qualcosa di buono da promuovere altrimenti la massa fiuta la taroccata e se ne tiene alla larga. 

Dobbiamo essere contenti della quarta eliminazione consecutiva ai quarti di finale di un campionato Europeo? Bene, voglio accettare questa tesi – che non mi piace nemmeno un po' – ma allora dobbiamo avere il coraggio di ammettere che questi siamo: un movimento modesto di seconda fascia. 

(Eduardo Lubrano).