Valerio Bianchini "Il tiro da tre è populista, alziamo i canestri!"

Fonte: La Repubblica ed. Roma - Emanuela Audisio
Valerio Bianchini "Il tiro da tre è populista, alziamo i canestri!"

Valerio Bianchini propone le sue considerazioni, mai banali, sulla pallacanestro moderna in una intervista a La Repubblica edizione Romana, prendendo le difese di Gregg Popovich contro il tiro da tre punti e valutando le impressionanti capacità fisiche e atletiche che hanno sviluppato i giocatori in tutti questi anni.

Basket populista.  «Questo è un basket populista che annulla le competenze degli allenatori, valorizza la sprovvedutezza e l’inadeguatezza. Il basket non è il calcio, è un gioco complesso, non naturale, on demand. E indoor. È stato inventato nei college, nel 1891, per tenere occupati i ragazzi anche con le intemperie. Lo insegnavano i professori, che sperimentavano e innovavano. Non si fonda sull’istinto, ma sull’apprendimento dei fondamentali». Niente sali la palla, scendi il canestro? «No. Mi dicono: il tiro da 3 punti semplifica, è chiaro e comprensibile, piace alla gente. E allora? Se c’è gente sempre meno acculturata devo svilire il mio linguaggio al buttalo dentro come puoi?».

Popovich contro il noioso tiro da tre punti. «Sì. Ha ragione quando dice che a fine partita nessuno va più a vedere quanti rimbalzi, quante difese, ma solo la percentuale dei three points, che indica la squadra vincente. Lui per scherzo prevede il tiro da 4, tanto ormai siamo al circo. Anche a me questa destrutturazione del gioco non piace: manca la ragione tecnica, conta solo la qualità fisica, il pivot non ha più ruolo, l’area è così affollata, che nessuno cerca di entrarci o ci circola più, e allora vai con il tiro da fuori. Dove sono i fondamentali: la posizione, la finta, il reverse? Ora dominano la stoppata e l’abuso del pick ‘n’ roll. E anche il famoso attacco a triangolo, perfezionato da Tex Winter, e usato da Phil Jackson a Chicago, è andato scomparendo»

Sprofonda, basket, sprofonda. «Ma non così, sprofonda e basta. I legislatori hanno sempre cercato una compensazione: i 3″ nell’area sono stati introdotti per evitare che i lunghi stazionassero e dominassero sotto canestro, si è passati dai 30 ai 24″, tempo valido per segnare, perchè ad inizio anni ’90 si perdeva tempo fino al 28″ e così le partite finivano con un punteggio basso tipo 53-51. È cambiata la morfologia degli atleti: ormai sono tutti giganti, intasano l’aerea, non ci stanno più. Come Gulliver nel regno di Lilliput».

Cambiare misure. «Sì. Servirebbero campi di gara più grandi, ma ampliare palazzetti è troppo costoso. Così la deriva tecnica va avanti». Solo pallone e altezza dei canestri non sono mai cambiati. «Io alzerei il canestro, che ora è a 3,05. Ripeto: il basket non è il calcio e nemmeno il football americano dove nell’Nfl il quarterback riceve direttamente lo schema via auricolare dall’head coach, mentre sul parquet il vero lavoro lo fanno i giocatori in campo decidendo il giro di palla migliore per portare il compagno ad un tiro sicuro». Difficile però si torni indietro. «Lo penso anch’io, ma si possono trovare correttivi. Anche perché il tiro da 3 piace al pubblico e alla tv. Rende più semplice il recupero per la squadra che è in svantaggio perché se sei 10 punti sotto bastano tre tiri per tornare in partita».