LBA - Peppe Poeta "Da ragazzo era meglio il campetto che una visita agli Uffizi"

LBA - Peppe Poeta "Da ragazzo era meglio il campetto che una visita agli Uffizi"

Eccezionale intervista per Peppe Poeta sul sito www.theowlpost.it Ecco qualche passaggio per stuzzicare la lettura dell'articolo completo.

Se mi avessero chiesto di leggere un libro di filosofia quello sì che sarebbe stato un gran sacrificio. Puro e semplice tempo sprecato.

Quando i miei compagni di scuola andavano in gita a Firenze, io ero felice di saltarla per avere qualche ora libera in più e correre al campetto, oppure per giocare una partita giovanile in qualche sperduto campo dell'entroterra campano.

Meglio una palestra con gli spifferi che una visita agli Uffizi. Meglio una trasferta nel pullmino sgangherato che il David di Michelangelo. Meglio il basket di qualsiasi altra cosa.

Io mi sono fatto le ossa al campetto, che forse è stata la mia benedizione.

Fin da quando avevo 10, 11 anni, ogni sabato mi precipitavo al playground per sfidare ragazzi molto più grandi e molto più grossi di me, cercando di dare loro un motivo per continuare a farmi giocare.

Anche qui, come sopra: chi vince tiene il pallone, chi perde si siede e discute di cosa sia andato storto, ma questo è chiaro che vale un po’ per tutti gli sport e per tutti i livelli. Forse per tutte le cose della vita.

L’istinto di sopravvivenza ho iniziato a svilupparlo proprio lì, sul cemento, quando, da mucchietto d’ossa che ero, provavo a resistere un’azione alla volta, creando giorno dopo giorno una valigia dei trucchi sempre più capiente.

Gomiti spigolosi, cervello veloce, la sedia tolta da sotto al culo del lungo: piccoli giochi di prestigio che non si possono insegnare, ma che sei sveglio si imparano comunque.