Steph Curry a 360 gradi: Warriors, Olimpiadi, famiglia... e un altro titolo NBA

Steph Curry a 360 gradi: Warriors, Olimpiadi, famiglia... e un altro titolo NBA

Stephen Curry ha rilasciato una lunga intervista per i media mondiali in cui viene esaminato tutto l'ambiente che circonda l'MVP della NBA, i suoi valori e i riferimenti. Eccola nella traduzione fatta da La Repubblica.

Scendere in campo da MVP in carica provoca più responsabilità rispetto al passato?
"Si, c'è molta più pressione, non solo come MVP ma come squadra campione. Sappiamo che in ogni partita ci troviamo davanti una franchigia che vuole dare tutto per battere i campioni. Ogni volta che scendiamo in campo dobbiamo dare il massimo, la sfida è riuscire a farsi trovare pronti tutte le sere per dimostrare che i Warriors ci sono, che vogliono vincere ancora".

Con la vostra pallacanestro state infrangendo qualche regola tradizionale della NBA: state trasmettendo il messaggio che il basket sta cambiando?
"Siamo sicuramente entrati in un periodo in cui il gioco è molto più orientato sul perimetro, sul tiro da tre punti. La nostra efficienza offensiva, il nostro record e il nostro modo di giocare stanno destando molte attenzioni: tiriamo bene, siamo molto atletici e possiamo scendere in campo con quintetti diversi tra loro".

Che peso sta avendo Luke Walton (head coach ad interim dei Golden State Warriors a causa di un problema alla schiena che ha colpito Steve Kerr) nel vostro percorso di crescita?
"Sta avendo sicuramente molta importanza. Noi scendiamo in campo per eseguire i nostri giochi, sfruttando la chimica che abbiamo raggiunto in questi anni e cercando di portare Golden State, se possibile, su un altro livello: tutti sono importanti, siamo concentrati sul sistema che coach Kerr ha pensato per noi, il messaggio che ci trasmette Walton ogni sera è lo stesso. Dobbiamo scendere sul parquet e dare tutto, mantenendo il nostro stile di gioco. Per ora il record parla chiaro".

Avete nel mirino la mitica striscia delle 33 vittorie consecutive dei Lakers del 1971-72?
"La NBA non è una lega come le altre, possono succedere ancora molte cose, noi dobbiamo ragionare sempre sulla singola partita. Anche nella scorsa stagione avevamo infilato delle serie positive da 16, stiamo giocando ad altissimi livelli e speriamo di continuare così. Le grandi squadre sono quelle che riescono a essere concentrate sulla singola gara. Quanto alla possibilità di riuscire ad avvicinare quel record, non farcela non sarebbe un problema: siamo in una lega di altissimo livello e dovremmo raddoppiare la nostra striscia attuale. Se dovessimo arrivare a 29-30 successi ci ripenseremo".

Una partenza simile può aiutare nel corso di una regular season logorante come quella NBA.
"La stagione è infinita, già durante la scorsa stagione abbiamo cercato di dosare le forze una volta arrivati ad aprile, nelle ultime settimane della regular season. Coach Kerr è stato strepitoso nella gestione della rotazione per tutto l'anno, ci sono state diverse partite in cui siamo riusciti a chiudere il discorso già nel terzo quarto, credo di non aver preso parte a 17 quarti quarti lo scorso anno: è importante poter riposare anche durante le gare stagionali, non solo quando si avvicinano i playoff. Vedremo cosa accadrà, dovremo essere bravi nello sfruttare questo vantaggio che ci siamo creati con l'avvio senza sconfitte ed eventualmente gestirlo, rimanendo il più riposati possibile per quando la stagione entrerà nel vivo".

Com'è il rapporto con Steve Nash, nuovo consulente tecnico dei Warriors?
"Ci siamo sfidati in qualche uno contro uno e mi ha aiutato in alcune letture dei pick 'n' roll. Siamo soltanto all'inizio del nostro rapporto tra giocatore e allenatore, per noi sarà certamente una risorsa in più da sfruttare in questa stagione".

Quanto è importante un giocatore come Draymond Green nel vostro sistema?
"Draymond è importantissimo per noi, sa fare praticamente tutto sul parquet: difende, va a rimbalzo, è un playmaker occulto, permette a tutti di essere coinvolti nel gioco ed è anche un leader vocale, uno che in campo sa farsi sentire dai compagni. Il suo sforzo quotidiano per noi è un esempio, potremmo quasi dire che Green sia lo spirito dei Warriors, ci nutriamo della sua energia e lo ammiriamo per come ha saputo migliorare il suo modo di giocare anno dopo anno".

Harrison Barnes ha detto: "Steph potrebbe rivincere il titolo di MVP e allo stesso tempo aggiudicarsi quello di giocatore più migliorato dell'anno".
"Vedremo, sinceramente il mio obiettivo è scendere in campo per giocare ad alto livello gara dopo gara, cercando di aiutare i miei compagni. Statisticamente sarà possibile pronunciarsi solo a fine anno ma mi sento un giocatore più forte rispetto allo scorso anno, sono più produttivo. Non parlo solo a livello personale: noi, come squadra, siamo cresciuti. Ci attendono altre 66 partite di regular season per dimostrarlo, quello che conterà sarà vincere nuovamente il titolo e continuare a fare le grandi cose che stiamo facendo in questo periodo".

Che Olimpiadi ci dobbiamo aspettare da parte di Team USA e quali sono le emozioni all'idea di scendere in campo a Rio?
"Sarà fantastico far parte del team che prenderà parte ai Giochi, non vedo l'ora di vivere l'esperienza di Rio de Janeiro. Per me è un sogno che diventa realtà. Sono anche già stato a Rio in vacanza con la mia famiglia quando avevo 18 anni, tornarci rappresentando il mio paese, giocando con altri straordinari talenti NBA sarà bello e divertente. Bisognerà comunque vedere in che condizioni ci arriverò: spero che la stagione con i Warriors sia lunga, vogliamo tornare in finale e festeggiare un altro titolo".

Quanto conta la famiglia nella crescita come giocatore?
"La mia famiglia rappresenta la parte più significativa della mia vita. Non importa quanto io giochi bene sul campo, essere sicuro che in famiglia sia tutto a posto e che tutto vada come deve è assolutamente la parte più importante. La routine di un giocatore NBA non è semplice, tra viaggi e tempo da trascorrere tra campo e palestra: mia moglie è una persona fondamentale, è lei che porta davvero avanti la famiglia. Sono cresciuto con mio padre che per sedici stagioni ha giocato in NBA e so cosa vuol dire, ora mi trovo dall'altra parte. Riuscire a proseguire il mio cammino da atleta insieme a loro e condividerlo con la mia famiglia è qualcosa di speciale. Penso che ogni giocatore NBA che ha la fortuna di essere padre possa dire la stessa cosa".

In molti azzardano il confronto Curry-James con Messi-Cristiano Ronaldo. È più Messi ad essere il Curry del calcio o Curry il Messi della NBA?
"Non saprei, sono due sport diversissimi. Di sicuro abbiamo entrambi uno stile molto creativo. Amo guardarlo giocare, sono un suo grande fan. Ha un tipo di talento che non puoi non apprezzare, appena tocca il pallone sai che sta per far accadere qualcosa di speciale".

Come cambia il concetto di lavoro da quando si è al college a quando si entra in NBA?
"La mia esperienza a Davidson mi ha formato, non solo per giocare in NBA e per avere un controllo totale della vita privata ma anche per la gestione del tempo e delle priorità. Parliamo di un'istituzione molto rigorosa, la quantità di lavoro che ho dovuto affrontare a Davidson forse è superiore a quella che mi tocca ora in NBA. Chiaramente avevo molto più tempo libero. Ora, con la famiglia e i figli, lo stile di vita è totalmente cambiato. Non importa quanto successo tu abbia sul campo, bisogna sempre lavorare per migliorare. In estate, dopo la vittoria del titolo, avevamo una serie di eventi legati agli sponsor che avrebbero ridotto il mio tempo libero, così ho deciso di portare con me un allenatore personale. Ogni anno è diverso, non bisogna avere paura di chiedere a chi ha già avuto queste esperienze, possono aiutarti ad essere pronto in qualsiasi situazione: è una grande sfida, bisogna sempre crescere".

Stiamo vedendo uno Stephen Curry al suo meglio o ci sono ancora margini di miglioramento?
"Io cerco di essere un perfezionista ma so benissimo di non essere perfetto, sia in campo che nella vita di tutti i giorni. In questa stagione mi è capitato di giocare alcune partite eccellenti ma la prima cosa che vado a leggere a fine partita è il dato sulle palle perse, cerco sempre di migliorare. Posso segnare anche 50 punti, ma se a fine partita nel mio tabellino ho più di tre palle perse non la prendo bene. Si può sempre fare meglio, non ho ancora giocato la partita perfetta: spero di riuscirci un giorno".