FIP - Arbitri, convegno AIAP a Firenze. Il confronto per crescere

FIP - Arbitri, convegno AIAP a Firenze. Il confronto per crescere

Qual è la percezione dell'arbitro sui campi da gioco e nella società? E come è possibile migliorarla?

Se ne è parlato a Firenze, sabato 16 febbraio, nel Palagio di Parte Guelfa, nell'ambito delle PosteMobile Final Eight di Coppa Italia di Serie A nel convegno organizzato dall'AIAP, l'Associazione Italiana Arbitri di Pallacanestro.

Introdotti dai saluti di benvenuto dell'assessore allo sport del Comune di Firenze Andrea Vannucci, del commissario straordinario CIA Stefano Tedeschi e dal presidente AIAP Gianluca Sardella, al convegno hanno partecipato il sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei Ministri Simone Valente, il presidente FIP Giovanni Petrucci, il responsabile sport del "Corriere della Sera" Daniele Dallera, il presidente AIA-FIGC  Marcello Nicchi, l'ex-ct della Nazionale di calcio Arrigo Sacchi e il direttore tecnico generale del Settore Squadre Nazionali Boscia Tanjevic.

Gabriele Bettini, vicepresidente AIAP ha parlato, nella sua introduzione, della voglia di superare l'immagine anche stereotipata di un arbitro "grigio, invisibile, solo ed infallibile" e ha auspicato che dal convegno nascano nuove indicazioni e nuovi modi di fare perché "le regole sono un valore, così come il fatto che gli arbitri possono essere simboli di lealtà e correttezza. La percezione dell'arbitro nello sport è in definitiva la percezione che si possono avere anche di altre figure impegnate nella società in ruoli di equidistanza fra interessi diversi come le Forze dell'Ordine, la Magistratura e, perché no?, il Presidente della Repubblica".

"Gli arbitri hanno un ruolo importante nella pallacanestro, sono una risorsa -ha affermato il presidente FIP Giovanni Petrucci-  Gli ho sempre chiesto, laddove possibile, di operare con psicologia e serenità e nelle situazioni difficili di adoperare un sorriso per superare i problemi. So benissimo che non è facile soprattutto nel basket dove gli spettatori in migliaia sono a pochi metri e la pressione si sente tutta”

"La solitudine dell'arbitro richiama nella società la solitudine del Giudice -ha spiegato il sottosegretario Simone Valente- la percezione può essere modificata con un cambiamento culturale che parta dalla scuole, con investimenti da parte dello Stato, ma anche dalle associazioni sportive con un atteggiamento sempre più positivo. Diventare arbitro non è di per sé un disvalore. In fondo, come si dice, senza regole non c'è gioco. Dalla tecnologia, come l'istant replay nel caso del basket, possono venire tanti aiuti, ma in definitiva al cambiamento devono contribuire i protagonisti stessi dello sport"

"Gli arbitri hanno un ruolo decisivo nella managerialità come nella spettacolarità del basket in cui entrano diverse componenti, dalla gestione della gara, a quella psicologica a quella del lavoro della terza squadra in campo, che è quella degli arbitri -ha aggiunto Egidio Bianchi, presidente della Lega di Serie A- la capacità di crescita degli arbitri va misurata nella loro disponibilità a confrontarsi e questo convegno va meritoriamente in questa direzione. Se e è vero, come è vero, che la serie A è il motore del movimento lo deve essere in tutte le sue componenti, arbitri compresi, per cui eccoci qua".

"Una maggiore comunicazione può sicuramente aiutare a superare l'immagine della figura solitaria dell'arbitro -ha commentato Daniele Dallera- che per me sicuramente sono un esempio di coraggio. La tecnologia, come il VAR ad esempio, non può che metterli a proprio agio. Citando lo scrittore Giovanni Arpino, l'arbitro ha il potere delle regole e quindi non sempre è simpatico. Per cui occorre aiutarli. Non devono essere protagonisti del gioco, quelli sono i giocatori e gli allenatori, ma, purtroppo, vedo che ci sono giocatori il cui talento maggiore è quello  di riuscire a fregare gli arbitri con delle incredibile pantomime, ma è anche vero che non è più possibile che gli arbitri non parlino mai dopo una partita. Lo svelarsi, il confronto non potrebbe che aiutarli"

“Voglio cambiare il nome dell'Associazione Italiana Arbitri della FIGC -ha replicato provocatoriamente Marcello Nicchi- in Portatori Sani di regole e cultura: il lavoro dell'associazione è quello di tutelare 35mila tesserati. Dalla serie A al paesello ogni fine settimana ci sono 11mila gare con 11mila arbitri impegnati. E il ragazzino si trova a far rispettare le regole con dirigenti che il regolamento non l'hanno neanche letto e in questo senso sono i garanti dello sport. Facciamo 2200 raduni arbitrali ogni anno, il che significa la massima professionalità per formare formatori ed arbitri. La divulgazione della legalità non può che aiutarci, ma questa deve iniziare nelle scuole, nelle associazioni, nelle società grazie agli allenatori su cui facciamo affidamento. E' importante dare segnali positivi. Perché gli arbitri non parlano e non partecipano alle trasmissioni televisive? E' impensabile di andare in un contesto polemico, nato per fare polemiche. Non aiuterebbe”

"E' un problema etico, sociale che lo sport da solo non può risolvere -ha detto l'ex ct della Nazionale Arrigo Sacchi- di sicuro per me è come se fossero degli eroi e il Var certamente li aiuta. Personalmente non mi sono mai arrabbiato con gli arbitri perché non vedevo la volontarietà di crear problemi, anche se in alcune occasioni ho avuto arbitraggi pessimi. E' anche vero che in una gara ci sono tante situazioni in bilico, dove sei al 50 e 50 e non sempre è facile decidere"

"Da allenatore ho sempre educato i giocatori al rispetto dell'arbitro a partire dagli allenamenti. E' una delle prime cose -ha raccontato Boscia Tanjevic- ma oggi i problemi sono molto minori e in campo un vero problema non c'è come negli anni Settanta che in Italia vincevi di 37 punti e poi al ritorno in Grecia perdevi di 47 punti. I grandi scarti, quando ci sono non dipendono più dagli arbitri, di sicuro, ma dalle squadre".